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·21 juin 2024

Danilo: «A 24 anni volevo abbandonare il calcio, ero depresso al Real Madrid. E la fascia da capitano della Juve…»

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Danilo: «A 24 anni volevo abbandonare il calcio, ero depresso al Real Madrid. E la fascia da capitano della Juve…». La lettera

Danilo ha pubblicato una lettera al The Players Tribune rivolta a tutti i tifosi del Brasile in vista della Coppa America. Queste le parole del capitano della Juve e della nazionale carioca.

LA LETTERA – «Popolo brasiliano,Siamo onesti gli uni con gli altri. Da giocatore a tifoso. Senza indorare lapillola.Comincerò io.Per molto tempo, non siamo stati abbastanza all’altezza. Questo non significache non ci abbiamo provato, che non ci siamo impegnati, o che non abbiamosentito il dolore della sconfitta.Non fraintendetemi, ma nessuno sa a quanto ognuno di noi abbia rinunciatoper essere qui.Abbiamo rinunciato a tutto per la Nazionale Brasiliana. Come dico sempre neldiscorso pre-partita, siamo un gruppo che ha molta fame e molto orgoglio dirappresentare il nostro Paese.Allo stesso tempo, vediamo e sentiamo ciò che si dice su di noi. In qualchemodo, non siamo stati in grado di dimostrare quanto siamo disposti asacrificare per questa maglia. Ho approfittato di questo periodo dipreparazione alla Copa América per sottolineare che l’unico modo percambiare questa immagine è dare anima e corpo in campo.Bene, ora tocca a voi. Di cosa parlate quando giocate a calcio con gli amici?Al tavolo del bar? Ai barbecue con gli amici?E la stampa? I camionisti? Le signore in chiesa?Cosa pensate di noi?“A loro non interessa”.“Non vogliono davvero essere lì


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“Sono solo dei ragazzi ricchi che non amano la maglia”.Abbiamo tutti sentito queste cose. Non possiamo sfuggire ai social media,anche se spegniamo il cellulare.E, in effetti, capisco perché si dicono queste cose.C’è una barriera tra noi e voi. Non è solo qui in Brasile. È ovunque. È la nostrasocietà. Vai su Instagram e cosa vedi? Un sacco di cose false o superficiali.Un ragazzo che posta una foto con la sua Ferrari. Tutti sempre felici. Tuttisempre in spiaggia.Anch’io ho la mia parte di felicità. Non biasimo chi affronta quotidianamenteproblemi ben più gravi se ci guarda e pensa: “non danno valore a ciò chehanno”.Ma posso dirvi, dal profondo del cuore, che ogni giocatore che indossa lamaglia verdeoro ne sente il peso, indipendentemente da quello che dice lagente.“È solo un’altra partita. Non sentiamo la pressione. Siamo professionisti”.Stronzate! È il Brasile. Senti sempre la pressione.Non dimenticherò mai la prima volta che fui convocato nella Nazionale U-20.Eravamo in Paraguay per l’esordio nel Sudamericano e, la sera prima, nonfacevo altro che pensare a come sarebbe stata la mia maglia appesa nellospogliatoio.Sarebbe stata gialla o blu?Per favore, fa che sia gialla.La mattina dopo, nella foga di giocare, mi pulii gli scarpini tre volte.Poi finalmente arrivai allo spogliatoio ed ecco cosa vidi:

Il giallo perfetto. Il numero verde. Il mio nome. Cazzo!Mi sono seduto lì, tenendo la maglietta tra le mani come un neonato, e questoè l’aspetto che aveva la mia faccia….(faccina sorpresa ndr.)Giuro.(faccina sorpresa ndr.)Mi sono detto: stai per giocare la partita della tua vita. Darai tutto. Per la tuafamiglia e i tuoi amici. Per tutti coloro che ti hanno aiutato ad arrivare fin qui.Per l’intero Paese.Spaccherai!Amico, sono entrato in campo e ho completamente dimenticato come sicalciasse un pallone! Ero così nervoso… Un semplice tiro? Fuèèn. L’hocalciato tra gli spalti.La maglietta sembrava pesare 50 chili. E per circa 50 minuti ho giocato lapeggior partita della mia vita. Poi ho preso un cartellino giallo e l’allenatore haavuto pietà di me e mi ha tolto.Ma sapete una cosa? Quando sono uscito dal campo, non ero triste. Non eronemmeno arrabbiato con me stesso.Perché posso dire onestamente che non potevo fare altro. Ho corso fino quasia farmi cadere gambe. Ho pensato: se questa è l’ultima volta che gioco per ilBrasile, vaffaaaaa! Almeno ho dato tutto in campo.Per me questa è la cosa più importante nel calcio: dare tutto quello che puoi.Beh, non è sempre possibile, lo so. Ci saranno molti, molti momenti in cui legambe semplicemente non funzioneranno. Quando ti svegli sentendotiterribile, pensi che tutti ti odino e che non meriti nemmeno di indossare quellamaglia.Conosco bene questa sensazione

Sono umano. Non sono sempre stato al mio meglio. Per essere ancora piùonesto con voi, durante la mia prima stagione al Real Madrid mi sentivodepresso. Mi sentivo perso, inutile. In campo non riuscivo a fare un passaggiodi cinque metri. Fuori dal campo, era come se non riuscissi nemmeno amuovermi.La mia passione per il calcio era scomparsa e non vedevo una via d’uscita.Volevo tornare a casa mia, in Brasile, e non giocare più a calcio.Non mi vedevo più come Baianinho, il figlio di Baiano (è così che chiamanomio papà). Mi vedevo come Danilo, quello che aveva “firmato un contratto da31 milioni di euro”, come riportavano i giornali – il difensore più costoso che ilReal Madrid avesse mai acquistato fino a quel momento.“La mia passione per il calcio è scomparsa e non riuscivo avedere una via d’uscita. Volevo tornare a casa mia, in Brasile, enon giocare più a calcio”.Quando giocammo contro l’Alavés, pochi mesi dopo l’inizio della stagione,Theo Hernández mi rubò la palla e crossò per Deyverson che segnò.Vincemmo comunque 4-1, ma era un errore che al Real Madrid non si puòcommettere. Non dimenticherò mai di essere tornato a casa quella sera e dinon essere riuscito a dormire.Scrissi sul mio diario: “Credo sia arrivato il momento di abbandonare il calcio”.Avevo 24 anni.Quale parte di me sentiva davvero la pressione? Il ragazzo che era stato unarivelazione come terzino destro al Porto? O il ragazzo di Bicas che avevaimprovvisamente firmato per la più grande squadra al mondo?La risposta era chiara. Dentro di te, sei ancora e sarai sempre il ragazzo diBicas.Non ho detto a nessuno quello che provavo. Casemiro ha cercato di aiutarmi,ma io ho “ingoiato il rospo”, come si dice. E il rospo è diventato sempre piùgrande. Ma dopo alcuni mesi di sofferenza, ho iniziato a vedere uno psicologoche mi ha davvero salvato la carriera

La lezione più importante che mi ha insegnato è stata quella di vedere il giocoattraverso gli occhi di un bambino.Quando giochi a calcio da bambino, non pensi mai troppo, giusto?Corpo e mente sono in sintonia. In sostanza: non ti importa se fai degli errori.Giochi e basta.Improvvisamente, ho smesso di vedermi come Danilo, il giocatore da 31milioni di euro.Ho iniziato a vedermi come Danilo di Bicas, il ragazzo che all’Atletico Mineirochiudeva l’armadietto con il lucchetto perché teneva un rotolo di carta igienicacome se fosse “oro”.Aiutare con 1 real ogni domenica i miei cinque amici e portarli a mangiare unapizza.Implorare il mio amico di avere 90 secondi sulla sua scheda telefonica perpoter chiamare la mia ragazza.Chiedere con insistenza uno sconto al tizio dell’Internet Café per poter parlarea distanza con la mia famiglia.“Ehi, fratello, so che un’ora costa 1 real, ma ho solo una moneta da 50centesimi in tasca. Metti mezz’ora di internet, per favore!”.Dormire con scarafaggi, ragni e scorpioni nel centro d’allenamento.Non sto cercando di romanticizzare le difficoltà che ho incontrato. So che lavecchia generazione, leggendo tutto ciò, non rimarrà impressionata dallastoria degli scarafaggi. Ogni volta che parlo con mio papà, lui richiama allarealtà. Qui farò finta che siamo seduti intorno al tavolo della cucina nellanostra casa di Bicas, a piedi nudi, a bere caffè per cinque ore:“Danilo, svegliati, figlio mio! Non hai mai avuto nessun problema! Sai cosavuol dire vivere guidando un camion?”.(Sì, papà. Continua

“Una notte, pioveva troppo forte e il mio camion si è rotto sul ciglio dellastrada. In mezzo al nulla. Non potevo dormire sull’asfalto. Era moltopericoloso, i ladri erano ovunque!”.(Cosa hai fatto, papà?)“Beh, sono sceso dal camion e ricordo che pioveva a dirotto, un diluvio, unatempesta come non si era mai vista! Così sono andato nel sottobosco e hotrovato un albero di banane. Presi un pezzo di cartone dal mio camion e cicostruii sotto una casetta. Cerca sempre un albero di banane, figliolo! Hannole foglie migliori! Ho dormito lì mentre l’acqua scorreva e… Sai cosa ho fatto,figliolo?(Cosa, papà?)“Ho camminato per 8 chilometri fino alla città per riparare la ruota rotta! E altri8 chilometri per tornare! Poi ho guidato per altre 12 ore! Solo perché tu e i tuoifratelli poteste mangiare! Solo così avremmo potuto avere abbastanza soldiperché tua mamma potesse fare la spesa quel mese! Quattro bambini a casa!Dio mio!Sai quanti chili di riso mangiano quattro ragazzi??? Milioni. Quindi, nonparlarmi di ragni sotto il letto, figliolo”.E continua così per un’altra ora…Ma mio padre ha ragione, naturalmente. Oggi, se la mia doccia è un po’troppo calda, alzo il telefono e improvvisamente ci sono 10 ragazzi a casa miacon chiavi inglesi per sistemare tutto. Sono queste piccole cose che iniziano adisconnetterci dalla nostra essenza, non solo come calciatori, ma comepersone.Credo che questo sia parte di ciò che mi è successo al Real Madrid. Hodovuto ricordare le mie radici e la gioia di giocare a calcio non per fama odenaro, ma per divertimento.Se la mia carriera è stata salvata in quel momento, devo ringraziare alcunepersone: i miei terapisti e i miei figli. I miei due ragazzi.Miguel è nato nel 2015, poco prima che partissi per il Real Madrid. È unpiccolo intellettuale. Legge e scrive tutto il giorno. Ha 50 biografie in camera(“No, papà, ne ho 28!”) Adesso sta leggendo Einstein. Non gli importa nulladel calcio. Non sa nemmeno con quale piedi calcia.Non gli importa molto se il Brasile vince o perde.Mio figlio più piccolo, João, non accetta di la sconfitta.João è nato nel 2019, poco prima della pandemia, ed è un calciatore. Nondimenticherò mai quando sono tornato a casa dopo la sconfitta con la Croazianell’ultima Coppa del Mondo. Sono andato a letto e i miei figli mi stavanoancora aspettando. Sono entrati in salotto e João ha detto: “So che il Brasileha perso. Ho visto il punteggio”.Lui è così, molto diretto.Allora ho iniziato a piangere, perché sentivo di aver deluso i miei figli e tutto ilPaese.Miguel è venuto a letto con me e mi ha detto: “Va tutto bene, papà. So che haifatto del tuo meglio”.Sono rimasto lì a piangere per un’ora, lui mi ha abbracciato e mi ha detto cheandava tutto bene e che era orgoglioso di me. A volte abbiamo bisogno deinostri figli più di quanto loro abbiano bisogno di noi.Per me è stato un grande punto di svolta. Dopo il doppio colpo, la pandemia el’uscita dalla Coppa del Mondo, avrei potuto avere una ricaduta. Avrei potutocadere di nuovo in depressione. Avevo 30 anni. Avrei potuto dire: “Ok, hoavuto una buona carriera. Ma ho già raggiunto il mio massimo. Ora possorilassarmi”.Ma ho fatto il contrario. Ho iniziato a parlare ogni giorno con il mio terapeuta.Ho iniziato a leggere di più. Ho iniziato a sfidare me stesso per essere unleader migliore. Ed è stato allora che tutto si è illuminato per me.Quando ho ricevuto la fascia di capitano alla Juventus è stato un grandeonore.Ma quando ho ricevuto quella del Brasile, è stato qualcosa di diverso. Unonore immenso, incomparabile.Quando Dorival Júnior mi ha detto che sarei stato il capitano per le amichevolicontro l’Inghilterra e la Spagna, mi sono detto: “Non importa cosa succederànella prossima partita o dopo, posso morire felice”.Ecco perché mi sono commosso prima della partita con l’Inghilterra. Quandoho visto i miei compagni di squadra, avevo bisogno di esprimere tutto quelloche provavo. Quando indossiamo questa maglia gialla, dobbiamo dare tutto.Non possiamo lasciare nemmeno una goccia di sudore nei nostri corpi.Se vogliamo avvicinarci all’energia del popolo brasiliano, dobbiamo resettarela nostra mentalità.Questo è ciò che il popolo brasiliano merita. Ogni passo che facciamo incampo deve essere per voi, che pretendete, ci criticate e ci prendete in giro,ma che lo fate solo perché amate davvero la Nazionale e vi preoccupate perla nostra squadra.Non siamo qui per fare vedere le nostre nuove scarpe o per scattarci deiselfie, ma per dimostrare che il sangue pulsa nelle nostre vene.E sapete una cosa? Penso che tutti noi potremmo imparare una o due cosedai più giovani, come Endrick, il più giovane del gruppo.Guardate cosa ha fatto contro l’Inghilterra.Tra l’altro, è ancora un ragazzino. Guardo la sua faccia e penso: Wow, sonodavvero vecchio!Quasi non sapevo come parlargli mentre facevamo colazione in albergo. Hochiamato uno dei giocatori più giovani e gli ho detto: “Dillo a Endrick da partemia”.Mi sentivo come uno zio!Ma prima della partita con l’Inghilterra l’ho guardato negli occhi e ho capitoche era pronto per quel momento. In quella partita eravamo molto sottopressione a causa dei nostri avversari. Così, quando ha segnato il gol dellavittoria, tutti corsero a festeggiare con lui vicino ai cartelloni pubblicitari. Ma ionon ci sono nemmeno andato. Vidi che avrebbero rivisto l’azione al VAR, edero così esausto che ne approfittai per andare in panchina a prendere un po’d’acqua.Come vedi, da vecchio, devi essere intelligente…Quando il gol è stato confermato, Endrick mi ha abbracciato come unbambino che si diverte al parco.Ma sapete una cosa? Quando ho incontrato Endrick dopo la partita, comecapitano, ho dovuto dirgli la verità…. Gli ho detto: “Endrick, sei statoincredibile. Ma avresti dovuto segnare il secondo gol”.Lui rispose: “Danilo, non sapevo nemmeno cosa stavo facendo!”.Spero che questa partita sia il punto di riferimento di un nostro nuovo capitolo.Una nuova mentalità. Un nuovo spirito.Quando siamo usciti dal campo, tutte le domande erano: “Non pensi cheabbiamo esagerato? Era solo un’amichevole”.No, no e no. Questa è il punto!Guardate come giocano le altre squadre contro di noi, come vanno duri suinostri attaccanti. Non c’è mai alcuna indulgenza.Dobbiamo fare lo stesso. A volte bisogna soffrire tutti insieme. È una lezionedifficile che credo abbiamo imparato negli ultimi anni.Come capitano, so esattamente cosa significa la Seleção per il nostro Paese.E la Copa América è una grande opportunità per dimostrare che il nostrogruppo comprende il peso della responsabilità di indossare questa maglia.Penso che dobbiamo giocare come se stessimo lottando per tornare a esseredi nuovo dei calciatori professionisti. Perché questa è la specialità del popolobrasiliano, giusto? È quello che c’è nel nostro DNA. Lottare, esserecoraggiosi, non arrendersi mai. Dormire sotto un c**** di albero di banane.Non abbiamo solo l’obbligo di lottare come calciatori, ma come brasiliani.Il mio messaggio finale a tutti voi è molto semplice:Uniamo le forze in questa lotta

Non siamo qui per sfoggiare i nostri nuovi scarpini o per scattarci dei selfie.Siamo qui per lottare.Siamo qui per lottare e per provare a vincere la Copa América.Dal vostro capitano, con il massimo rispetto e onestà, Danilo».

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