Lazionews24
·22 de abril de 2025
Velasco ricorda Papa Francesco: «Lui ha cercato di rinnovare la Chiesa, e ce n’era bisogno. Popolare e non populista, buonista senza accezioni negative»

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Entrambi argentini di origini italiane – piemontese uno, ligure l’altro – ed entrambi con un biglietto di ritorno per il nostro paese: il primo come pontefice, l’altro con lo Sport. Juan Velasco, ex dirigente di Lazio e Inter e oggi ct della nazionale di pallavolo femminile oro alle Olimpiadi ha ricordato Papa Francesco, che aveva incontrato una volta nel 2023. Di seguito le sue parole a la Gazzetta dello Sport.
È RELIGIOSO? – «Non sono cattolico, noi eravamo evangelici metodisti. Oggi sono agnostico. Le religioni sono state la prima organizzazione morale delle comunità umane, e in questo hanno avuto un ruolo utile. Ma credo che le “chiese” siano responsabili di molte rigidità culturali e di tante tragedie compiute in nome della fede».
HA INCONTRATO PAPA FRANCESCO? – «Sì, una sola volta, il 30 gennaio 2023, durante l’udienza in Vaticano con la Federazione italiana pallavolo. Eravamo più di duecento, con tutte le squadre nazionali e lo staff. Ho parlato brevemente con lui in spagnolo, con accento argentino, e gli ho regalato la riproduzione di una vecchia foto: alcuni frati francescani che giocano a pallavolo. Me l’aveva donata un amico fotografo di Modena».
COSA PENSA DEL SUO PAPATO? – «Francesco ha cercato di rinnovare la Chiesa, e ce n’era bisogno. Il Sudamerica è sempre stato molto cattolico, ma oggi crescono le chiese evangeliche perché vivono tra i poveri. Il Conclave ha scelto un Papa sudamericano anche per questo. Bergoglio ha fatto quello che ha potuto, dovendo mediare con le tante forze interne al Vaticano».
IN COSA SI È DISTINTO? – «Ha lavorato per i diritti di tutti, contro il cambiamento climatico, e ha affrontato il tema dei migranti da un punto di vista umano. Ha portato attenzione sugli ultimi, dato voce alle donne e aperto ai credenti con orientamenti sessuali diversi. Forse avrebbe potuto fare di più sulla pedofilia nella Chiesa, ma ha fatto aperture mai viste prima».
QUANTO È STATO “ARGENTINO”? – «Non direi che il suo è stato un pontificato argentino, ma lui sì, è stato molto argentino. Dal primo “buonasera” affacciandosi in piazza San Pietro si sentiva quel tono informale, da festa o asado. Gli mancava solo il mate».
CONOSCEVA LA SUA STORIA A BUENOS AIRES? – «Solo quello che ho visto nel film su di lui. So che era tifoso del San Lorenzo de Almagro e che il suo idolo era René Pontoni. Lo conoscevo di nome grazie alla rivista El Gráfico».
E SUL SUO RUOLO DURANTE LA DITTATURA ARGENTINA? – «Non possiamo giudicare con leggerezza vicende così delicate. So che si disse avesse avvertito due sacerdoti di non restare in un quartiere pericoloso. Loro furono rapiti. In quel periodo ci furono preti che si opposero, altri che si girarono dall’altra parte, e alcuni che collaborarono con la giunta militare».
LO DEFINIREBBE UN PAPA POPULISTA? – «Dipende da cosa intendiamo con “populista”. Se vuol dire dire ciò che la maggioranza vuole sentire, allora no. Francesco ha portato avanti le sue idee, è stato un Papa popolare, non populista».
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