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·12 de mayo de 2024

Serie A, le big (eccetto il Napoli) contro la Lega Calcio: ecco cosa sta succedendo

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Cercare l’armonia nel litigioso mondo della Serie A, dove a detta di molti presidenti «le assemblee somigliano spesso a delle riunioni di condominio», è come tentare di svuotare il mare con un secchiello. La componente rappresenta l’opposizione in Federcalcio – al punto da spingere per il rovesciamento di Gravina – ma in questi giorni si è trasformata nel teatro di un altro conflitto, stavolta interno: Inter, Milan, Juventus e Roma si sono sfilate in modo inequivocabile dalla maggioranza di Lega, rappresentata dalle cosiddette “medio piccole” che hanno trovato nel patron laziale e in De Laurentiis dei punti di riferimento, compiendo almeno due gesti di rottura. Lo riporta il Corriere dello sport

Serie A, le big (eccetto il Napoli) contro la Lega Calcio: ecco cosa sta succedendo

Partiamo dal primo. Scanavino e Calvo per la Signora, Marotta per i nerazzurri e Scaroni per i rossoneri, con la delega della Roma, il 9 febbraio hanno incontrato in gran segreto Gravina chiedendogli di sposare il format a 18 squadre nell’ambito del progetto di riforma dei campionati. Gravina ha preso atto delle posizioni di 4 squadre che rappresentano il 70% del fatturato del calcio di vertice (sono la locomotiva del sistema), ma ha suggerito loro di risolvere il problema internamente pur condividendo l’idea che i calendari sempre più affollati porteranno per forza di cose a una riflessione concreta sul tema.


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La Serie A non vuole scendere dalle 20 squadre attuali poiché le piccole temono che la riduzione faccia alzare le possibilità di retrocessione in caso di annata disgraziata (esempi attuali: Udinese e Sassuolo). E così le quattro sono uscite dal guscio. “Il loro errore è stato accettare passivamente che altri prendessero il potere, rinunciando a quella che dovrebbe essere una leadership naturale”, ci ha fatto notare un dirigente di spicco di una squadra nella parte destra della classifica.

Il secondo strappo è arrivato tramite una lettera inviata al presidente di Lega, Casini, alla vigilia dell’incontro con il ministro Abodi. Riprendendo il documento di riforma approvato dall’assemblea il 14 febbraio con astensione di Inter, Milan, Juve e Roma, le suddette società hanno ricordato a Casini “di chiarire, in ogni contesto istituzionale, che si tratta di posizioni non condivise e approvate dai nostri club”. “Si riferivano solo a quel documento e in particolare al format – ha precisato Casini – e non è una sfiducia”.

“Non sarebbe giuridicamente possibile sfiduciarlo – gli ha fatto eco De Laurentiis – abbiamo il miglior presidente degli ultimi 20 anni». Fatto sta che i “ribelli” concordano nel senso del messaggio: «non ci rappresenti più”. Lo hanno sussurrato, non potendolo mettere per iscritto.

Le divergenze politiche sono evidenti, ma ci sono anche contenuti non condivisi in toto o in parte come l’autonomia dalla Figc. Juve, Inter, Milan e Roma credono che la A debba contare di più in federazione (oggi vale solo il 12%) ma non sono così convinte che la guerra a Gravina sia la strada migliore; in un momento di difficoltà, con il governo che sta entrando nei conti dei club tramite un’agenzia di vigilanza, più di qualcuno sostiene sia necessario rivedere le posizioni oltranziste. Anche alla luce del fatto che la campagna elettorale per la poltrona di Via Allegri è già partita e chi strizza l’occhio al centro-destra potrebbe spingere nella direzione di Balata, presidente della B.

Lunedì, durante la riunione informale sull’agenzia, alcuni avrebbero chiesto a Casini di non presentarsi al successivo vertice del pomeriggio in Federcalcio, così da dare l’ennesimo segnale di rottura. Le 4 big, viceversa, hanno suggerito un atteggiamento conciliante. Alla fine Casini si è presentato e nel comunicato di Lega si è parlato di “contrarietà all’unanimità” sull’agenzia, ribadendo però “la necessità di procedere verso una piena autonomia”. Senza questo compromesso dialettico – che a dir la verità ha scontentato sia i falchi sia le colombe – la A non sarebbe mai uscita dalla riunione con una posizione unica.

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