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·3 de octubre de 2024

San Siro e le curve della mafia: rischio di guerra tra clan a Milano

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Nell’indagine che ha portato all’arresto di numerosi esponenti del tifo organizzato di Inter e Milan, gli inquirenti hanno sottolineato i rapporti, alcuni anche piuttosto stretti, fra le due curve ed esponenti della ‘ndrangheta.

Come riporta l’edizione odierna de Il Fatto Quotidiano, per evidenziare ciò e supportare la tesi investigativa sono state fondamentali le intercettazioni, ambientali e telefoniche, che gli inquirenti hanno acquisito da esponenti di spicco del tifo organizzato come Luca Lucci, capo della Curva sud e oggi in carcere. La frase più emblematica è forse «i calabresi sono la mia famiglia», a ribadire un legame stretto con le famiglie della ‘ndrangheta.


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Sotto osservazioni sono finiti quindi i rapporti di Lucci con Rosario Calabria, Antonio Rosario Trimboli e Islam Hagag, soprannominato “Bonsai”, legati tutte alle cosche di Platì, in particolare ai clan Barbaro e Papalia. Gli investigatori hanno ripetutamente evidenziato la necessità di contestare a Lucci l’aggravante mafiosa, poiché avrebbe favorito queste famiglie criminali. Tuttavia, la Procura non ha seguito questa pista, pur riconoscendo i collegamenti con la ‘ndrangheta.

Un esempio chiave è proprio Rosario Calabria, che non è stato arrestato nell’ultima indagine. Di lui ha parlato Antonio Bellocco, rampollo dei clan di Rosarno (ucciso il 4 settembre da Andrea Beretta, arrestato per l’omicidio e indagato per il caso ultras). Durante una festa in piscina, tenutasi nel luglio 2023 a casa di Matteo Norrito, un altro elemento di spicco del direttivo interista, Bellocco ha dichiarato: «Platì è a 20 minuti da qui, lui è della Jonica e noi siamo della Tirrenica. Rosario è un bravo ragazzo». Inoltre, nel 2015, Daniele Cataldo, un altro stretto collaboratore di Lucci, è stato arrestato, e nel suo garage la polizia ha trovato un arsenale di armi, tra cui una mitraglietta con le impronte proprio di Calabria.

Rosario Calabria, inoltre, è il padrino di battesimo del figlio di Lucci e mantiene forti legami con Domenico Papalia, figlio del noto boss Antonio Papalia. I due sono stati fermati insieme per un’aggressione a Bianco e, in altre occasioni, Calabria è stato controllato in auto con membri della famiglia Marando. Un altro seguace di Lucci, Antonio Rosario Trimboli, ha sposato Clementina Perre, figlia di Francesco Perre, condannato per mafia e legato al clan Papalia. Domenico Papalia è stato “compare d’anello” al matrimonio di Trimboli, e spesso sono stati visti insieme, anche in compagnia di Andrea Pasini, vicino al ministro Matteo Salvini e alla Lega.

Il 22 luglio, alcuni membri del gruppo di Lucci si sono ritrovati a Platì per festeggiare la cresima della figlia di Trimboli. Il padrino della cerimonia era Domenico Sergi, ex autista del boss Rocco Papalia. Tra gli invitati c’era anche Islam Hagag, che mantiene rapporti con Francesco Barbaro, figlio di Rocco “U Sparitu” Barbaro, uno dei capi della ’ndrangheta in Lombardia. Hagag, tramite la sua compagna, è collegato alla famiglia Zappia di Platì, anch’essa coinvolta nelle dinamiche mafiose locali.

Lucci stesso ha avuto il compito di inviare i saluti di due persone al boss Salvatore Barbaro, all’epoca ancora in carcere. Salvatore Barbaro è sposato con Serafina Papalia, figlia del boss Rocco Papalia e cugina di Domenico Papalia. La ’ndrangheta funge da garante, proteggendo i propri affari e respingendo le minacce di altre famiglie mafiose. Bellocco, parlando di questo, ha detto: «Noi abbiamo i nostri problemi. Se apro la porta a uno, quello vuole entrare nel salone, poi in cucina. L’ignoranza crea problemi».

La vicenda è strettamente legata agli Irriducibili, un gruppo guidato da Domenico Bosa, soprannominato “Mimmo Hammer”, che ha cercato di tornare nella curva con il supporto di altre famiglie mafiose. Bellocco ha spiegato: «187 famiglie hanno complicato la situazione perché si sono messe con i Santi Luca». Successivamente, Bellocco ha incontrato Santo La Rosa, affiliato al clan Piromalli, in un bar frequentato dagli Irriducibili, dichiarando: «Siamo pronti al peggio, io qui vengo con una 38!».

La gestione della curva ha rischiato di scatenare una guerra mafiosa non solo a Milano. Giuseppe Fabrizio, cognato di Bellocco, ha avvertito: «Non conviene questa situazione, ci sono già i Pelle. Quando succede qualcosa a Milano, subito arriva qua e si rompono gli equilibri». In questa rete di rapporti mafiosi, emerge anche Giuseppe Calabrò, detto “U Dutturicchiu”, garante dell’affare dei parcheggi a San Siro, e altri esponenti della malavita milanese, come Pino Caminiti e Luigi Mendolicchio.

Infine, Bellocco ha incontrato Antonino Reale, affiliato ai Morabito, a cui ha detto: «Lascia perdere, non prenderli per scemi. Gli africoti pensano che sopra di loro non ci sia niente». Concludendo, ha aggiunto: «Ma poi un cristiano di 70 anni… sono allibito». La guerra si è fermata, ma le parole di Bellocco sono rimaste impresse: «Sei qua a parlare e già mi stai mancando di rispetto a me e alla mia famiglia. Come cazzo vi permettete? Sapete che ci sono io e venite sotto, non ci sono soldi che tengano!».

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