
Zerocinquantuno
·24 de marzo de 2025
Motta ci ha ingannato: noi siamo più grandi

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·24 de marzo de 2025
Quando mi dissero che Thiago era in parola con la Juventus non ci volevo credere. Era aprile e scommisi un aperitivo sul fatto che fossero solo voci false e tendenziose. Finì come finisce quasi sempre quando c’è di mezzo la Juve: ci si incazza e si perde. La vendetta è un piatto che va servito freddo, e a quasi un anno di distanza noi bolognesi non possiamo che gioire per l’esonero di Motta (torniamo a chiamarlo per cognome, lo ‘stranino’). In realtà avremmo preferito incontrarlo sul campo, al Dall’Ara a inizio maggio. Sì, sarebbe stato bellissimo batterlo mostrando anche un calcio migliore. Perché, diciamoci la verità, tutti noi l’anno scorso pensavamo che il merito della qualificazione in Champions fosse soprattutto suo. Un allenatore che – col tempo – ci aveva portato a giocare in modo incredibile, dominando le partite tramite un possesso palla schiacciante, con continui cambi di posizione e singoli interpreti che crescevano in modo impressionante. Saremmo bugiardi se non riconoscessimo che vedere all’opera il suo Bologna è stato una goduria: azioni interminabili con difensori che si trasformavano in trequartisti e la certezza che allo stadio ti saresti divertito anche se alla fine non fosse arrivata la vittoria. Per chi era abituato ad accontentarsi di onesti mestieranti, veder toccare la palla a Zirkzee, gustarsi i dribbling funambolici di Saelemaekers o assistere alle strabordanti progressioni palla al piede di Calafiori equivaleva a quel ‘Paradiso’ decantato da chi era all’allora Comunale negli anni dell’ultimo scudetto. Ricevere i complimenti da alcuni tifosi romanisti alla fine del primo tempo di Roma-Bologna del 22 arile 2024 è stata la mia più grande soddisfazione da tifoso. E per questo una parte di me sarà sempre riconoscente a Motta. Non a caso ho citato tre giocatori che non ci sono più, la cui mancata sostituzione già a giugno ci faceva disperare, nonostante l’orgoglio dell’idea di ascoltare dal vivo la musichetta della Champions. Il vero segreto di Motta era però l’insospettabile solidità difensiva, il saper trasformare tutto quel talento individuale in abnegazione collettiva a schermo della porta (è stato così anche a Torino, ma solo all’inizio). Le prime amichevoli estive targate Italiano, specie il triangolare di Bolzano con Bochum e Südtirol, davano l’idea di un’annata da vivere pericolosamente. Ora lo possiamo dire con cognizione di causa: ci sbagliavamo. In realtà già dall’esordio con l’Udinese (match dominato e incredibilmente non vinto) i segnali di una squadra che ci avrebbe fatto ricredere c’erano eccome. Immediate verticalizzazioni, esasperato uno contro uno sugli esterni, talvolta arrembaggio totale (vi ricordate il secondo tempo contro il Verona in inferiorità numerica?): il gioco di Italiano è addirittura più godibile e certamente più coraggioso di quello di Motta. La cavalcata è partita in ritardo ma è partita. E se anche non ci riporterà nella competizione dei campioni è già bastata per farci capire che il Bologna lassù ci può stare stabilmente. Come l’Atalanta, tanto per citare il modello che in tanti hanno cercato di copiare e solo noi siamo riusciti a tratti perfino a superare. È il Bologna da essere diventato grande. Grazie prima di tutto ad una proprietà che i soldi li spende (e bene) e ad una piazza che genera un entusiasmo coinvolgente. Siamo veramente uno spettacolo. E il signor Motta è stato solo un interprete, sebbene importante ma comunque sostituibile, di una crescita collettiva. Dove nessuno è indispensabile: solo l’amore per la maglia. E di certo anche sotto questo aspetto Vincenzo Italiano ha già battuto il suo predecessore.
Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images (via OneFootball)
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