Morto Nino Benvenuti: addio alla leggenda del pugilato con una simpatia per la Juventus. Aveva 87 anni | OneFootball

Morto Nino Benvenuti: addio alla leggenda del pugilato con una simpatia per la Juventus. Aveva 87 anni | OneFootball

In partnership with

Yahoo sports
Icon: Juventusnews24

Juventusnews24

·20 de mayo de 2025

Morto Nino Benvenuti: addio alla leggenda del pugilato con una simpatia per la Juventus. Aveva 87 anni

Imagen del artículo:Morto Nino Benvenuti: addio alla leggenda del pugilato con una simpatia per la Juventus. Aveva 87 anni

Morto Nino Benvenuti: si è spenta la leggenda del pugilato con una simpatia per la Juventus. Aveva 87 anni, ecco un suo ricordo

È morto Nino Benvenuti, leggenda dello sport italiano, campione del mondo dei pesi medi di pugilato e medaglia d’oro a Roma ’60. Benvenuti si è spento a 87 anni ed era malato da tempo. Nato ad Isola d’Istria il 26 aprile del 1938, è stato tra i migliori pugili di tutti i tempi, diventando campione olimpico nel 1960 nei pesi welter e campione mondiale dei pesi medi tra il 1967 e il 1970.

Nel marzo del 1966, mentre la sua carriera pugilistica lo proiettava verso la vetta mondiale, Nino Benvenuti concesse un’intervista al mensile “Hurrà Juventus“. Il giornalista Enzo Sasso mise subito in chiaro l’intento: parlare di tutto fuorché di boxe. Una proposta che il campione accolse con entusiasmo: “Ecco finalmente una proposta sensata. Di boxe ne ho sin sopra i capelli, anche se mi dà da vivere. Il calcio invece lo seguo come appassionato e di calcio chiacchiero sempre volentieri”. Si aprì così uno spaccato sul Benvenuti uomo e sportivo, lontano dai riflettori del ring.


OneFootball Videos


Gli inizi da calciatore e il tifo per la Triestina

Benvenuti rivelò un passato da calciatore, seppur breve: “Da ragazzo dicevo avevo cominciato a giocare al calcio. Facevo parte di una squadretta triestina, ero terzino”. Un’esperienza giovanile presto soppiantata dalla palestra e dalla boxe, ma il legame con il pallone rimase: “Però mi è dispiaciuto ed appena posso quattro calci ad un pallone li dò”. Alla domanda sulla sua squadra del cuore, la risposta fu immediata: la Triestina, nonostante le delusioni del periodo. “Per il calcio italiano,” affermò il campione, “la Triestina è molto importante ed è un peccato che non ce la faccia a risalire”. Pur vivendo spesso a Bologna e frequentando giocatori della squadra felsinea come Nielsen, di cui apprezzava il carattere, Benvenuti chiarì che il suo tifo per il Bologna non era paragonabile a quello viscerale per i colori alabardati.

Il livello del calcio italiano e il “catenaccio”

Benvenuti si distanziò dal luogo comune di un calcio italiano in declino, sottolineando invece la ricchezza di giovani talenti: “Si dimentica infatti che ogni squadra, piccola o grande, ha giovani di valore nelle sue file. Credo anzi che in poche nazioni del mondo siano così numerosi i campioni in erba. Facchetti, Rivera, Salvadore, Rosato, Mazzola sono giocatori che tutti ci invidiano”. Sul tanto discusso “catenaccio”, Benvenuti offrì una prospettiva pragmatica, paragonandolo a una tattica difensiva nel pugilato: “Questo è un altro discorso e dipende dalla necessità che determinate squadre hanno di non perdere. Spostiamo il discorso sulla boxe. Se mi trovo di fronte un pugile a me inferiore, so in partenza che il mio avversario cercherà di difendersi con tutti i mezzi, leciti ed illeciti. Spetta quindi a me ridurlo alla ragione. Lo stesso succede nel calcio. Solo che non sempre le squadre meglio dotate sanno imporre la loro superiorità”.

Allenatori, stranieri e il sogno Mondiale

Il campione del mondo espresse il suo parere anche sugli allenatori, citando con un “debole” il conterraneo Nereo Rocco, ma riconoscendo la competenza di Heriberto Herrera, Helenio Herrera e Carniglia. Si dichiarò favorevole al ritorno degli stranieri nel campionato italiano, vedendo il calcio come uno spettacolo che beneficia della presenza di campioni internazionali, senza temere che questi potessero oscurare i talenti italiani. In vista dei Mondiali di Londra del 1966, espresse un cauto ottimismo per la Nazionale di Edmondo Fabbri: “Se Fabbri darà più consistenza atletica alla squadra, ci potrebbe scappar fuori una sorpresa a nostro favore”. Alla provocazione di un “Benvenuti centravanti”, rispose che Mazzola andava già bene in quel ruolo.

Rispetto per gli arbitri e simpatia per la Juventus

Benvenuti mostrò grande rispetto per la figura dell’arbitro, sia nel calcio che nel pugilato, ammirandone il difficile compito. Riguardo agli episodi di violenza in campo, commentò: “Penso piuttosto che farebbero bene a non picchiarsi, a parte il fatto che a me non piace menar pugni fuori del ring”. Sul tifo organizzato, riconobbe la sua grande importanza, citando Inter e Juve come esempi di eccellenza in tal senso. L’intervista si concluse con una battuta sulla sua squadra preferita per la vittoria del campionato: “La Triestina ma purtroppo è un sogno”, e con una dichiarazione di simpatia verso la Juventus, sollecitata dal giornalista: “Ne sarei onorato [dell’appoggio dei tifosi juventini] perchè la Juve mi è stata sempre simpatica. Lei faccia la proposta e chissà che non ne venga fuori qualcosa di buono”. Un ritratto inedito, quello di un Nino Benvenuti “calciatore” nel cuore e attento osservatore delle dinamiche del pallone, che si apprestava, da lì a un paio di mesi (nel maggio 1966, l’intervista è di marzo), a nuove, grandi imprese sul ring, sognando forse, come tanti italiani, una vittoria azzurra in Inghilterra

Ver detalles de la publicación