Milan, Morata: “Stagione strana, ma non sono pentito di aver scelto il Milan. Tornare? Non lo so” | OneFootball

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·3 de junio de 2025

Milan, Morata: “Stagione strana, ma non sono pentito di aver scelto il Milan. Tornare? Non lo so”

Imagen del artículo:Milan, Morata: “Stagione strana, ma non sono pentito di aver scelto il Milan. Tornare? Non lo so”

L’attaccante del Galatasaray di proprietà del Milan Alvaro Morata si è aperto in un’intervista alla Gazzetta dello Sport.

Alvaro Morata torna a parlare dopo il suo addio al Milan a gennaio dopo solo 6 mesi in rossonero. Il calciatore spagnolo classe 1992 si è aperto in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport parlando della stagione appena conclusa e del periodo a Milano, ma soffermandosi anche sul periodo di depressione vissuto e di come ne sia uscito, annunciando anche il suo documentario in uscita prossimamente. Di seguito le parole del calciatore.


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Morata, le parole dell’intervista

Sulla stagione: “Sono successe tante cose, alcune molto veloci, troppo veloci, complicate da gestire per me, però alla fine sono contento”.

Su cosa sia successo dopo il suo arrivo: “Secondo me abbiamo fatto anche grandi partite, le cose non stavano andando così male come sembrava o si diceva. Poi però là dentro sono successe cose che non avevo mai vissuto in carriera e che preferisco tenere per me, non mi sentivo più a mio agio e prima di diventare un problema me ne sono andato”.”

Sul problema del Milan: “Non lo posso dire. I cambi repentini da un giorno all’altro non sono mai facili. Se inizi a giocare con una mentalità e poi improvvisamente cambi radicalmente ti può andare molto bene oppure no. Magari la nuova strada scelta a inizio stagione aveva bisogno di un po’ di tempo per essere battuta.

Per i 6 mesi che sono stato lì posso dire alcune cose: la prima è che non è vero che come ho letto in giro mi sarei pentito della scelta. Mai. È stato un onore vestire una maglia storica come quella del Milan. La seconda è che se è vero che in campionato non eravamo regolari abbiamo fatto belle partite: abbiamo vinto qui al Bernabeu, col Napoli abbiamo perso per dettagli minimi, bene al derby… Però hanno deciso di cambiare e non c’è molto altro da dire”.”

Sull’essersi reso conto o meno della situazione del Milan: “Sì. Soprattutto a livello di comunicazione. Io cerco di essere rispettoso con tutti, ma ci sono certe cose che almeno a me non vanno bene e per questo, per evitare di creare problemi, me ne sono andato”.

Sull’avere contatti con la dirigenza rossonera: “No, o almeno, non nelle nuove vesti. Perché Max lo sento spesso per il rapporto che ci lega. Tare l’ho visto un paio di volte a cena con amici ma niente di più. Sono contentissimo per loro e per il Milan: sono grandissimi professionisti e se li hanno presi vuol dire che il Milan vuole tornare subito a vincere e ad essere importante e spero che gli vada tutto alla grande”.

Sul tornare al Milan: “Sinceramente non lo so, ma sono loro che devono prendere decisioni per fare una squadra molto competitiva. Per ora contatti zero. È la prima volta che ho questo prestito in linea con l’anno solare, vedremo. Posso solo dire che a Istanbul mi sono trovato benissimo”.”

Sulla depressione di cui ha sofferto: “Ho vissuto sul filo tutta la mia carriera, non sapevo cosa fosse la depressione fino a che non mi sono ritrovato nel buco più buio che una persona possa immaginare. Stavo malissimo, e quando stai così non conta nulla: soldi, posizione, affetti, niente. È una situazione tremenda che ti porta a prendere decisioni nefaste a livello familiare e calcistico.

Ora sto bene, ma il messaggio che voglio mandare è che una persona in crisi totale grazie all’aiuto di compagni, famigliari e specialisti si ritrova a giocare e a vincere un Europeo da capitano. Sono sicuro che questo documentario aiuterà tanta gente”.”

Sulle sensazioni legate al suo documentario: “È stato strano. Ogni tanto pensavo che i miei haters avrebbero avuto ancora più armi, ma sinceramente ora non me ne frega più niente. La depressione è su un livello di difficoltà più alto, ma attacchi d’ansia e di panico sono incredibilmente comuni tra i giovani e non ne parlano, non si aprono, non danno alla cosa la normalità che si merita per essere disinnescata.

Nel documentario si vede come Iniesta, uno degli uomini più importanti nella storia del calcio spagnolo, mi chiamava ogni giorno per sapere come stavo e per spiegarmi situazioni e rimedi perché anche lui aveva vissuto lo stesso problema. Per questo penso che la visione possa aiutare tanta gente”.

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