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Emilio Scibona·9 de mayo de 2024

🗣️ Maldini: "Non vedo più il Milan a San Siro! Lo scudetto dell'Inter..."

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È un Paolo Maldini a tutto campo quello che si è raccontato in un’intervista ai microfoni di Radio Serie A.

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Il leggendario difensore del Milan, nonché anche ex dirigente del club rossonero, da cui si è separato non senza polemiche lo scorso anno, ha parlato del suo legame con il club: “Era qualcosa presente da prima che io nascessi, mio papà è stato calciatore del Milan. È la squadra della mia città, l’ambiente dove sono cresciuto. Ho iniziato a giocarci a dieci anni e ho smesso a quarantuno, va al di là del tifo o del lavoro: è estrema passione. Il rapporto che c’è va oltre le ere in cui sono passato attraverso questa grande società. Ogni squadra può far sì che il tifoso rivendichi qualcosa di particolare, noi milanisti abbiamo un passato glorioso con delle cadute, ma alla fine è più facile che i tifosi ricordino i momenti brutti per poi tornare a quelli belli: noi in questo siamo stati maestri, i rimbalzi del Milan negli anni sono stati clamorosi”.


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Dopo aver ripercorso la vita da calciatore Maldini si è soffermato sulla sua esperienza da dirigente, ribadendo la sua fedeltà professionale in Italia al club di cui è icona: “Ho capito di voler fare il dirigente quando mi hanno chiamato, non sempre hai ben chiaro quello che vuoi fare, ma ho provato a capire quello che non avrei voluto fare. Non volevo fare l’allenatore, non volevo lavorare in televisione. Quando è arrivata l’opportunità ho analizzato bene la cosa, con Leonardo ho trovato una persona con i miei stessi principi e ideali, si parla sempre di lavoro di squadra all’interno di un club. Ho scelto di fare il dirigente in primis perché era il Milan, poi nei trentuno anni di esperienza ho avuto cose da raccontare e insegnare. Poi c’è il lavoro in sé, che è tutt’altro rispetto a ciò che ci si aspetta. Milan, Nazionale o niente? È una regola che vale soprattutto per l’Italia, non riuscirei mai a vedermi in un club diverso dal Milan”.

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Maldini ha anche spiegato quello che è il suo legame con la squadra: “Io allo stadio a vedere il Milan? No, non vado più, è logico. Lo seguo insieme a Monza ed Empoli dove giocano i miei figli. Ho creato tanti rapporti, è una questione di relazioni. Quello che abbiamo creato non è stata solo una squadra vincente, ma anche tante relazioni con i giocatori. Ne sono arrivati circa trentacinque nel corso dei cinque anni, con ognuno di loro si è creato un rapporto speciale. Quando vedo la fascia sinistra del Milan è sinceramente uno spettacolo”.

L’ex capitano del “Diavolo” e della Nazionale si è soffermato anche sul figlio Daniel, attualmente calciatore come lo è stato il primogenito Christian, da poco ritiratosi: “È un destino da cui non si scappa, la sua è stata una scelta libera, come quella di Christian, di giocare. È successo a loro quello che è successo a me: c’è un papà ingombrante, credo che soprattutto i primi anni da ragazzo vuoi giocare, divertirti ed essere uno dei tanti. Ci sono pressioni, lui e Christian sapevano a cosa sarebbero andati incontro. Se avessi potuto cancellare questa cosa l’avrei fatto, per dare loro anni più sereni. Si divertono, lo sport è molto democratico, alla fine va avanti chi ha valori. Deve essere uno stimolo o diventa una pressione troppo forte, soprattutto oggi con i social e un’attenzione spasmodica, ai miei tempi era diverso”.

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Lo storico numero 3 rossonero ha anche svelato un retroscena su un suo possibile approdo al Psg: “Non ho mai detto di no, prima del Milan sono stato tre volte a Parigi e avevo dato la mia disponibilità, poi la cosa non è andata avanti; pensandoci adesso è stato un bene, sarei entrato in una società ancora in grande evoluzione, in un paese che non conoscevo, con una lingua che non conoscevo. I miei primi dieci mesi da dirigente sono stati di apprendimento, mi sentivo inadeguato, stavo imparando e non riuscivo a determinare qualcosa. Leonardo rideva, mi diceva che mi sarei reso conto pian piano del mio impatto. È stata una fortuna iniziare a lavorare con lui”.

L’ex difensore rossonero ha anche parlato dell’attualità calcistica commentando la vittoria dell’Inter: “È molto indicativo quello che è successo. L’Inter ha una struttura sportiva che determina il futuro dell’area sportiva. È stata gratificata con contratti a lunga scadenza, c’è stata un’idea di strategia. Non è un caso che il Napoli sia andato male dopo gli addii di allenatore e direttore sportivo. Si dà poca importanza alla gestione del gruppo, a volte si considerano i giocatori come macchine che devono produrre qualcosa, ma per farlo servono persone che li aiutino a farlo. Il supporto ai calciatori credo che sia ancora qualcosa di inespresso nel calcio sia in Italia sia a livello mondiale, ci si dimentica che sono ragazzi giovani che hanno bisogno di supporto e di qualcuno che dica loro le cose come stanno, non sempre è facile arrivare a parlarne con loro”.

Oltre che sul presente Maldini ha anche parlato della sua lunga storia da calciatore e di tutti i grandi personaggi (compagni, avversari, allenatori, dirigenti) che ne hanno fatto parte. Qui l’intervista completa.