Loseto: «Il mio rimpianto più grande? Riva mi voleva a Cagliari per la Coppa Campioni, ma un infortunio fermò tutto. Bari si sente la seconda squadra del Napoli, è umiliante» | OneFootball

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Calcionews24

·12 de junio de 2025

Loseto: «Il mio rimpianto più grande? Riva mi voleva a Cagliari per la Coppa Campioni, ma un infortunio fermò tutto. Bari si sente la seconda squadra del Napoli, è umiliante»

Imagen del artículo:Loseto: «Il mio rimpianto più grande? Riva mi voleva a Cagliari per la Coppa Campioni, ma un infortunio fermò tutto. Bari si sente la seconda squadra del Napoli, è umiliante»

Le parole di Pasquale Loseto, bandiera del Bari in occasione del suo ottantesimo compleanno: l’amore per il calcio, il rimpianto di Riva e il Bari di oggi

Pasquale Loseto, simbolo del calcio barese, compie oggi ottant’anni portando con sé lo spirito di un ragazzino e una carriera ricca di ricordi. Sei campionati vinti da calciatore, quasi 160 presenze con il Bari tra il 1964 e il 1973 e una miniera di aneddoti custoditi nella mente e nel cuore di chi ha vissuto il calcio con passione autentica. Di seguito le sue parole a La Repubblica di Bari.

GLI AUGURI RICEVUTI PER GLI 80 ANNI – «Tanti, forse perché mi sono sempre comportato bene con tutti. Vuol dire che ho lasciato qualcosa di importante, apprezzano la genuinità. Sono troppo leale, forse anche per questo non sono arrivato ad allenare in altre squadre».


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IL PIÙ GRANDE RIMPIANTO IN CARRIERA – «Sì, nel 1970 a Cagliari mi volevano per giocare la Coppa dei campioni. Mi voleva lì Gigi Riva. Però ad allenare il Bari tornò Toneatto, eravamo retrocessi in B e lui pretese che io rimanessi per risalire insieme in A. Quell’anno ebbi la sfortuna di rompermi tibia e perone, avevo 25 anni. Per fortuna ho avuto una grande forza interiore e sono riuscito a reagire, vincendo a Pescara, Lecce e Monopoli».

L’AMORE PER IL CALCIO – «I miei zii materni erano i fratelli Chiricallo, da piccolo li ammiravo all’arena della Vittoria. Quando ho scoperto che avrei esordito contro il Trapani ho pianto dalla gioia, chiudendomi nel bagno. Mi sono ripromesso che mai avrei tolto quella maglia. La cosa più bella è stata marcare giocatori come Prati, Boninsegna, Amarildo, Jair. Gli attaccanti erano tutti forti all’epoca. É il calcio di una volta, oggi non c’è più».

IL CALCIO DI OGGI – «No, non mi ci riconosco. Il calcio è nato per un principio, vincere la partita e cercare di arrivare nel più breve tempo possibile alla porta avversaria. Ora si pensa sempre ai numeri, alla tattica. Prima era tutto più semplice ed efficace: portiere, difesa forte e attaccanti liberi di inventare senza dover rincorrere il pallone».

IL BARI DEI DE LAURENTIIS – «Dal momento in cui siamo falliti non sono più andato allo stadio. Ho ammirato i De Laurentiis nei primi anni, ma dopo la sconfitta con il Cagliari non li ho più capiti. Hanno collezionato una serie di errori e hanno allontanato la piazza. Bari non può vivere con squadre fatte da giocatori in prestito, serve chiarezza. La città si sente la seconda squadra del Napoli e questo è umiliante. Non andare allo stadio sarebbe sbagliato, non devono essere i giocatori a pagare le politiche societarie».

LA PASSIONE ANCORA VIVA PER IL CAMPO – «Sono verace, sento le partite. Mi arrabbio ancora tanto con i ragazzi (della squadra dei commercialisti, ndr). Il campo di calcio non ha età, le emozioni per me restano quelle del primo giorno».

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