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·15 de junio de 2024

L'Europeo extra-large è il migliore affare dell'UEFA, sia in termini economici che geopolitici

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Il campionato europeo iniziato ieri sera a Monaco segna il ritorno della kermesse continentale nella sua formula più tradizionale, ovvero quello in cui viene ospitata in una sola nazione dopo l’edizione itinerante del 2020 (giocata però nell’estate 2021 causa Covid). Viene confermata inoltre la versione extra-large a 24 squadre, modello adottato per la prima volta nell’edizione del 2016 in Francia, cosa che conferma la volontà della UEFA di proseguire sulla strada di un progressivo allargamento della fase finale, se si pensa che la prima edizione, nel 1960, aveva visto partecipare solo quattro squadre nazionali. Il numero è poi andato progressivamente aumentando salendo a otto nel 1980 per  poi ancora issarsi a 16 dal 1996 sino al 2012.

A livello tecnico, visto che tra le superpotenze calcistiche mancano soltanto Brasile e Argentina (e in misura minore di importanza l’Uruguay) si può considerare un mondiale in miniatura. Anche perché quanto emerso nelle ultime edizioni della Coppa del Mondo parla a favore dell’Europa, che si è presentata con ben sei semifinaliste su otto tra Russia 2018 e Qatar 2022: due volte con la Francia , due volte con la Croazia e una volta Inghilterra e Belgio (le uniche eccezioni che sono state Argentina e Marocco in Qatar).


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Certo, mancheranno i campioni delle nazionali latinoamericane e le sfide esotiche contre le selezioni emergenti di Africa e Asia, ma sicuramente quello che può garantire qualsiasi squadra del Vecchio continente è una preparazione tattica adeguata. Pertanto, non sarà semplice per nessuno ottenere vittorie di larga misura.

LE RAGIONI STRATEGICHE ED ECONOMICHE DIETRO L’ALLARGAMENTO

Per quel che concerne l’aspetto strategico ed economico, l’allargamento continuo del numero di squadre e la peculiarità che nella fase a gironi (ben 36 partite) saranno eliminate solo otto squadre su 24 è conseguenza di due elementi:

  • uno geopolitico
  • e uno economico.

Quello  geopolitico è legato in parte all’aumento del numero degli Stati europei dopo le disgregazioni di nazioni contenitore come l’Unione Sovietica e la Jugoslavia (o anche la separazione della ex Cecoslovacchia). Pertanto, era giocoforza necessario incrementare la presenza nella fase finale.

Non si può scordare però che in questo c’è però un aspetto più strettamente di politica calcistica. L’aumento del numero dei Paesi europei ha portato con sé un numero maggiori di federazioni calcistiche e ampliare il numero di posti alla fase finale di un Europeo non può che fare felici i presidenti delle federcalcio nazionali che poi sono quelli che – come parte del Congresso UEFA – sono chiamati a votare per il presidente della Federcalcio europea. Si pensi a federazioni come la Georgia (esordiente quest’anno ina una fase finale), l’Albania, la Slovenia, la Slovacchia oppure anche della Scozia, i loro presidenti non potranno che essere contenti che il numero di squadre sia elevato. Nei fatti queste selezioni qualificandosi per la fase finale l’obiettivo l’hanno già ottenuto.

Il secondo punto è quello economico ed è legato alla natura del bilancio della UEFA, che, come spesso sottolineato in questo appuntamento, ha due canali principali con cui produce entrate: la gestione della Champions League e delle altre due competizioni per club (Europa League e Conference League) ogni anno e l’organizzazione dell’Europeo per squadre nazionali ogni quattro stagioni.

E’ evidente che in questo quadro un maggior numero di Paesi partecipanti alla fase finale significa maggiori entrate da diritti televisivi (più nazioni sono coinvolte direttamente). Inoltre, la formula in vigore garantisce a molte squadre la sicurezza di disputare quasi quattro match visto che per 16 selezioni su 24 (quindi i due terzi delle selezioni) ci sarà anche la sfida valida per gli ottavi, oltre alle tre della fase iniziale.

Approfondendo questi temi, per EURO 2024 si parla di un giro d’affari da quasi 2,5 miliardi di euro che porterà oltre un miliardo nelle casse della UEFA e 7 milioni di turisti in Germania.

Sono numeri che restano lontani dai quelli dalla Coppa del Mondo, ma gli Europei restano un fattore rilevante per le casse della UEFA, anche più della Champions League e delle competizioni per club. Perché se è vero che il torneo si disputa ogni quattro anni e porta meno ricavi di una singola edizione dell’ex Coppa dei Campioni, è nello stesso modo vero che l’incasso netto per la Federcalcio continentale è nettamente maggiore.

Le stime della UEFA parlano di entrate per 2,4 miliardi e per far intuire la crescita del calcio a livello economico, basti pensare che EURO 1992 incassò complessivamente quasi 41 milioni di euro: nel giro di poco più di 30 anni, quindi la cifra è salita di un sensazionale 5.790%, con una crescita notevole anche rispetto all’edizione 2016 visto che l’incremento è del 26% rispetto agli 1,9 miliardi incassati nel torneo giocato in Francia (nell’edizione 2021 ci fu un calo a 1,8 miliardi legato in particolare alle limitazioni Covid che pesarono sulla biglietteria).

La voce maggiore è quella dei diritti televisivi, con incassi previsti per 1,4 miliardi, aiutata anche dai contratti firmati all’ultimo minuto (come quello per la Francia con BeIN Sports di Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG nonché numero uno dell’ECA e vicino al presidente UEFA Ceferin). A seguire troviamo ricavi commerciali previsti per 568 milioni di euro, con 300 milioni stimati come incassi dalla biglietteria e ulteriori 100 milioni per l’hospitality.

Questi numeri fanno da contraltare a costi relativamente bassi. Complessivamente le stime parlano di spese per 1,2 miliardi di euro, di cui circa la metà legati all’organizzazione dell’evento (645 milioni), mentre 240 milioni verranno versati ai club in base al numero di giocatori “prestati” per il torneo e infine 331 milioni sono stimati come premi alle federazioni in base ai risultati con un massimo di 28,5 milioni previsti per chi alzerà il trofeo. Va notato che nonostante il corposo aumento di ricavi per l’UEFA, la voce legata ai premi per i risultati è rimasta stabile: rispetto ai 301 milioni del 2016, l’aumento è stato del 10% rispetto al +25% dei ricavi.

L’incasso netto per la UEFA, quindi, sottraendo i costi ai ricavi, sarà pari a 1,2 miliardi. Numeri anche in questo caso in forte crescita rispetto alle edizioni precedenti: nel 2021 infatti l’incasso netto era stato di 645 milioni di euro, rispetto agli 847 milioni del 2016 e ai 593 milioni del 2012. Per fare un confronto con le competizioni continentali per club, sia nel 2022/23 che nel 2023/24 nelle casse della UEFA sono rimasti circa 200 milioni considerando la differenza tra ricavi e costi, soprattutto alla luce di una distribuzione di entrate ai club maggiori rispetto a quanto avviene per le federazioni agli Europei: nelle coppe viene distribuito in premi il 78% dei ricavi, una percentuale che a EURO 2024 sarà invece pari solo al 13%.

Il surplus proveniente dagli Europei sarà poi distribuito dalla UEFA attraverso investimenti nel programma HatTrick, creato nel 2004 e che distribuisce i profitti del torneo alle federazioni continentali per investirli in progetti di sviluppo a lungo termine tra infrastrutture e formazioni dei giovani calciatori. In particolare, la previsione è di distribuire circa 935 milioni nel 2024 derivanti proprio dall’incasso netto di EURO 2024. Quello che resterà servirà anche per andare a rinforzare le casse della UEFA, che hanno sofferto negli ultimi anni, anche per il Covid.

CEFERIN E IL CONSENSO TRAMITE I TORNEI ALLARGATI

E’ evidente come queste siano tutte ottime carte in mano al presidente della UEFA Aleksander Ceferin per saldare il proprio potere in una sorta di campagna elettorale permanente, visto che l’elezione dell’esponente più elevato della confederazione continentale avviene con voto capitario. E pertanto il voto della federazione più importante vale uno così come quello di un Paese quasi insignificante in termini sportivi. Tutto ciò va ben oltre il mandato del numero uno sloveno, che scadrà nel 2027, ma serve a mantenere lo status quo della Federcalcio europea, in un mondo in cui le parti sgomitano per avere la loro fetta di torta.

Inoltre, è nello stesso modo palese come gli allargamenti dei tornei UEFA (Champions League ed Europei) soddisfi più soggetti (un maggior numero di club e federazioni) e questo aiuta Ceferin a trovare consenso superiore a livello internazionale e quindi anche nel suo tentativo di trovare maggiore spazio nei calendari a scapito di FIFA e leghe nazionali.

Non a caso, come si è accennato in un precedente appuntamento di questo editoriale, nonostante tutti parlino di un numero di partite preoccupante per la salute dei giocatori, la UEFA punta ad aumenta il numero di match in Champions League, la FIFA vara il Mondiale per club e svariate leghe nazionali non vogliono sentire parlare di abbassare il numero delle partecipanti al loro massimo campionato.

LA SOSTENIBILITA’ DI EURO 2024

Andando oltre gli elementi di geopolitica sportiva, una cosa positiva di EURO 2024 (e che vale la pena di evidenziare) è l’attenzione alla sensibilità ambientale di questa manifestazione. La kermesse subirà radicali cambiamenti rispetto all’ultima edizione itinerante e si baserà soprattutto sui principi chiave della sostenibilità.

Non ci saranno in particolare spostamenti eccessivi da parte delle squadre– come fu per EURO 2020, un format criticato a più riprese dal presidente della UEFA Aleksander Ceferin – e quindi vi sarà un conseguente abbattimento delle emissioni sulla scia degli obiettivi inseriti nella ESG Strategy della Federcalcio europea, a firma di Michele Uva, responsabile per la sostenibilità del massimo organo di governo del calcio continentale.

In particolare, il concetto di sostenibilità si articola su tre grandi principi: quello ambientale, quello sociale e quello organizzativo. E in questo si va dal contrasto al razzismo alla parità di genere nei luoghi di lavoro; oltre alla questione della riduzione delle emissioni che per i grandi eventi costituisce un problema.

Non a caso nel documento concordato tra la UEFA e il governo tedesco si parla di un livello di emissioni totali di circa 347 migliaia di tonnellate di Co2 equivalente, una riduzione del 90% rispetto ai Mondiali di Qatar 2022.

Per raggiungere questo risultato, in un evento che muove milioni di persone, si è puntato innanzitutto sul fatto che non fosse necessario realizzare nuove strutture, essendo gli stadi tedeschi già pronti per ospitare il torneo. Il resto lo ha fatto un piano composto da 99 azioni che puntano a cambiare radicalmente l’impatto di una partita di calcio. In questo scenario i calendari dei gironi sono organizzati in modo da ridurre al minimo le trasferte e quando necessario farlo in città limitrofi; gli spostamenti poi privilegiano il treno, con i tifosi che potranno disporre di prezzi notevolmente ridotti quando in possesso di un biglietto per lo stadio. Non solo, anche le squadre verranno incoraggiate a non prendere l’aereo.

In generale si cercherà di scoraggiare il più possibile l’utilizzo della macchina, con tanto di riduzione dei parcheggi in alcune città. Oltre a questo, c’è la scelta dell’energia rinnovabile per gli impianti, e più in generale la riduzione dei consumi elettrici e di acqua, e quella dei rifiuti con una forte spinta verso l’economia circolare, ovvero la possibilità di differenziare la spazzatura per recuperare le materie prime.

Questo però non significa che EURO 2024 sarà “carbon neutral”, l’obiettivo è avvicinarsi il più possibile. Il progetto della UEFA inoltre è di compensare le emissioni rimanenti in un modo nuovo: non comperando crediti di carbonio per progetti di riforestazione in paesi lontani, ma attraverso un fondo di qualche decina di milioni che dovrà finanziare i progetti delle società calcistiche, anche piccole, per diventare più sostenibili.

L’IMPATTO ECONOMICO DELLA RASSEGNA CONTINENTALE

Quale sarà invece il portato di EURO 2024 sul PIL della nazione ospitante e di quelle partecipanti? In Germania, nonostante i 7 milioni di turisti previsti, non si fanno grandi illusioni e i vari esperti spiegano che la manifestazione avrà un impatto economico significativo ma non rilevante al punto tale da rialzare una economica in recessione come quella tedesca.

Secondo Michael Grömling, esperto di economia presso l’Istituto dell’economia tedesca (IW), l’esperienza dei Mondiali 2006 “dimostra che molti consumatori approfitteranno dell’evento per comprare un nuovo televisore, invitare amici a guardare le partite o bere una birra in più durante il tifo. Ma risparmieranno in altri ambiti: salsicce alla griglia invece di un ristorante, serata davanti alla TV invece di andare al cinema. Le spese per i consumi, quindi, non aumentano necessariamente, ma si spostano”.

Allo stesso tempo, i tifosi degli altri 23 Paesi partecipanti “sostituiranno altri turisti: una camera d’albergo può essere occupata una sola volta. Per le dieci città in cui si terranno le partite, l’evento può portare un piccolo impulso economico, ma il PIL a fine anno non sarà più alto”.

Però vanno notati anche aspetti d’impatto potenziale a lungo termine: “Un grande evento sportivo può migliorare l’immagine del paese ospitante. Un Europeo riuscito dal punto di vista sportivo e organizzativo rende la nazione più attraente. Curare l’immagine è un grande vantaggio, soprattutto in un contesto di investimenti diretti deboli. Allo stesso tempo, l’economia è influenzata dalle aspettative e dagli stati d’animo: il rendimento emotivo dell’Euro 2024 non va sottovalutato”, ha spiegato.

Diverso invece il discorso per i Paesi le cui Nazionali andranno molto avanti nel torneo. In Italia, per esempio, le vittorie degli Azzurri nelle grandi manifestazioni sportive internazionali, come Europei e Mondiali di calcio o Olimpiadi, hanno spesso avuto effetti positivi sull’economia nazionale.

Secondo le stime della Figc, il trionfo europeo della Nazionale di Mancini nel 2021 ha generato una crescita addizionale del PIL dello 0,7% (circa 12 miliardi di euro). Quasi quanto l’impatto positivo avuto dal successo degli azzurri di Lippi nel Mondiale 2006, che portò ad un incremento addizionale del Pil italiano dell’1% e ad un aumento dell’export nell’anno successivo del 10%. Uno studio della banca olandese ABN Amro ha preso in rassegna 13 edizioni dei Mondiali di calcio (da Messico 1970 a Russia 2018) ed è emerso che, anno su anno, la crescita reale del PIL dei vincitori sia stata, in media, maggiore dello 0,77% rispetto all’anno precedente. E così è stato anche per l’Argentina, il cui PIL, dopo la vittoria di Messi e compagni in Qatar nel 2022 ha registrato una crescita del 5,2% rispetto al 2021, per poi però tracollare nel 2023.

Gli economisti hanno individuato diverse componenti della domanda che possono essere influenzate positivamente dai trionfi di squadre e atleti:

  1. Aumento dei consumi interni nel corso della manifestazione (con impatti immediati su settore media/advertising, betting, food and beverage, elettronica di consumo, trasporti);
  2. Aumento generale della fiducia dei consumatori con effetti nei mesi successivi la manifestazione;
  3. Incremento della pratica sportiva con ricadute positive sull’indotto (più bambini iscritti a scuole calcio, merchandising, incremento vendita articoli sportivi, ecc.);
  4. Miglioramento della percezione internazionale del Paese con ricadute positive sull’export e sui flussi turistici in quella stessa nazione.
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