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Emilio Scibona·4 de septiembre de 2023
🔙 Da Ibra e Buffon a Lukaku: i grandi ritorni della storia recente

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Emilio Scibona·4 de septiembre de 2023
Il ritorno di Sergio Ramos al Siviglia, squadra dove si era formato e nella quale ha iniziato una carriera straordinaria, è solamente l’ultimo in ordine cronologico dei tanti esempi che si possono fare di calciatori che hanno deciso di riapprodare nelle società dov’erano cresciuti e/o nelle quali si erano affermati.
Scelte in alcuni casi dettate dal cuore, in altri dalla voglia di rigenerare una carriera, comunque sempre spinte da un sentimento in qualche modo romantico. In questo articolo citiamo alcuni esempi della storia recente.
Kakà, Shevchenko, Gullit: la storia del Milan è piena di grandi ritorni che però a conti fatti si sono rivelati più malinconici che altro. Quello di Ibrahimovic in tal senso fa eccezione.
Lo svedese voleva dimostrare di essere decisivo nonostante i 40 anni in arrivo in una squadra nella quale aveva già vissuto anni importanti; il Milan cercava un elemento di carisma in grado di poter ispirare i talentuosi giovani presenti in rosa. Circostanze che hanno favorito il ritorno in rossonero di Ibra a gennaio 2020.
Un ritorno che è stato decisamente felice. Emerso come leader del nuovo corso rossonero Ibrahimovic, nonostante gli acciacchi fisiologici che ne hanno limitato l’utilizzo, ha dimostrato di avere ancora cartucce da sparare, vincendo lo “Scudetto della rinascita” nel 2021\2022, prima della calata di sipario dello scorso giugno, quando ha annunciato il ritiro in lacrime. Nella sua carriera da “Globetrotter” il Milan è stato senza dubbio il legame più forte.
Il trasferimento al Chelsea fu un male necessario per ragioni di bilancio: il ritorno, almeno inizialmente, un’opportunità che nessuna delle parti voleva farsi sfuggire. Lukaku voleva tornare nella squadra dove probabilmente si è espresso al meglio in un ambiente che lo ha sempre amato: l’Inter riprendere quello che era stato il simbolo più emblematico delle ultime stagioni.
Il Lukaku-bis a dispetto delle premesse non è stato però un viaggio così esaltante: il belga è stato limitato dagli infortuni e per Inzaghi (a differenza di quanto accadeva con Conte) Big Rom in fondo non era così indispensabile. Una circostanza, questa, che ha (probabilmente) portato al clamoroso taglio dei ponti quest’estate con tanto di lunga telenovela di mercato, chiusa col trasferimento del centravanti alla Roma.
Quello che nelle speranze doveva essere “Il ritorno del figliol prodigo” alla fine è stato il passo di un traumatico addio. Le istantanee dell’amarissima (per l’Inter e per Lukaku) finale di Istanbul restano dunque le ultime di una storia d’amore finita veramente male.
Il finale di carriera del leggendario portiere italiano è stato all’insegna dei ritorni.
Il primo nel 2019 alla Juventus subito dopo la fine dell’esperienza al Psg ad un anno dal primo congedo bianconero: due stagioni vissute accettando di fare il secondo all’ormai consacrato Szczesny ma comunque sufficienti per diventare il record-man all-time di presenze del campionato di Serie A e vincere da protagonista la Coppa Italia, ultimo trofeo della sua carriera.
Il secondo nel 2021 in quel Parma dove il suo viaggio era cominciato in pompa magna nel lontano 1995: due stagioni da titolare e capitano vissute dimostrando di poter essere ancora incisivo nonostante l’età calcisticamente avanzatissima.
La grande prestazione in Coppa Italia contro l’Inter il momento probabilmente più alto; le lacrime dopo la sconfitta nello sfortunato playoff di Serie B contro il Cagliari (in cui Buffon si è infortunato nella sfida di andata) l’ultima amara istantanea prima del ritiro e dell’inizio della nuova vita da capo-delegazione della nazionale.
Quello strappo che lo portò a lasciare nel 2017 il bianconero per vestire la maglia del Milan in realtà si rivelò tutto fuorché non ricucibile: 365 giorni di tempo e Bonucci tornò alla Juventus, dove era stato protagonista del ciclo vincente costruito anche sulle prestazioni del reparto difensivo composto da lui, Barzagli e Chiellini.
Da allora sono passati 5 anni di alti e bassi dovuti alla fine di quel ciclo del quale il difensore classe 1987 era l’ultimo esponente. Dopo aver ereditato la fascia di capitano da Chiellini tutto sembrava pronto per la chiusura di carriera in bianconero: le cose però sono andate diversamente con un epilogo probabilmente ancora più amaro rispetto a quanto accaduto nel 2017. Adesso per il capitano della nazionale il presente si chiama Union Berlino.
Dopo il mancato rinnovo con la Juventus Angel Di Maria è tornato in quel Benfica dove nel lontano 2008 aveva cominciato la sua carriera in Europa. Per il “Fideo” potrebbe non essere la tappa di chiusura visto che in passato ha espresso l’intenzione di vestire come ultima maglia quella del “suo” Rosario Central. Una scelta che sarebbe simile a quella che hanno fatto altri suoi illustri connazionali: Veron all’Estudiantes e Diego Milito al Racing Avellaneda per citarne alcuni relativamente recenti.
Gli esempi di giocatori che hanno chiuso la carriera nelle squadre dove si sono formati non mancano. Joaquin ha lasciato il calcio pochi mesi fa dopo essere tornato a Siviglia, sponda Betis, nel 2015; Van Persie appese gli scarpini al chiodo nel 2019 vestendo la maglia del Feyenoord, dove aveva iniziato la carriera da esterno nei primi anni 2000, chiudendola, dopo un lungo viaggio, da bomber implacabile.
Lo stesso esempio, a proposito di giocatori che hanno fatto a lungo bene in Premier, lo ha seguito Kompany che dopo gli anni al Manchester City è tornato all’Anderlecht dove ha chiuso contestualmente la carriera da calciatore e iniziato quella da allenatore.
Altri due esempi illustri di calciatori che sono tornati nel club di formazione, pur non chiudendovi la carriera, sono Wayne Rooney e Fernando Torres.
L’ex stella del Manchester United nella stagione 2017\2018 è ritornata all’Everton con cui ha raggiunto il traguardo dei 200 gol in Premier League. Torres è invece riapprodato all’Atletico nel gennaio 2015, a pochi mesi dalla fallimentare esperienza al Milan, rimanendovi tre stagioni e mezzo in cui ha vinto, da comprimario, l’Europa League, unico suo trofeo “Colchonero”.
Nel caso del “Niño” si registra anche un terzo ritorno, due anni fa, stavolta per diventare allenatore nelle giovanili.