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·8 de mayo de 2025
Albertosi si racconta: «Con lo scudetto a Cagliari abbiamo fatto la storia e svelato un’altra Sardegna. Il mio ricordo con Riva è… »

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Enrico Albertosi, ex portiere del Cagliari, si è concesso in una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport ripercorrendo un po’ la sua carriera: dallo scudetto rossoblù al ricordo di Gigi Riva, dalla vita privata ai portieri italiani di oggi. Ecco alcuni estratti delle sue dichiarazioni:
INIZI – «Non avevo ancora sedici anni quando giocai in Prima Categoria, con il Pontremoli. Il portiere titolare, tale Gregoratto, poche ore prima si era imbarcato come un marinaio. Ricordo che faceva freddo, presi quattro gol».
DEBUTTO SERIE A – «Ero il vice di Giuliano Sarti, da lui ho imparato a giocare al limite dell’area, a fare il “libero” aggiunto. Con la Fiorentina credo d’aver giocato la partita della vita, a Glasgow, contro i Ranger, finale di andata della Coppa delle Coppe che poi vincemmo. Clima infernale, 2-0 per noi, parai tutto».
SCUDETTO CAGLIARI – «Abbiamo fatto la storia, svelato un’altra Sardegna, restituito identità e dignità ad una terra che l’Italia aveva dimenticato. Una squadra di amici veri, con Beppe Tomasini siamo fratelli, ci sentiamo ancora. Quell’anno ho subito solo 11 gol – tra cui due autogol e un rigore – in 30 partite. Se l’anno dopo Gigi Riva non si fosse infortunato in Nazionale, avremmo vinto di nuovo».
MAGLIA ROSSA – «Ebbi l’idea guardando un portiere inglese. In allenamento Riva mi confermò che il rosso disturbava l’attaccante, diceva che sembravo più grande e lo inducevo a sbagliare».
RIVA – «Io un pacchetto di Marlboro al giorno, ma Gigi pure di più. Scopigno lasciava fare: in campo davamo il massimo, non c’era nulla da rimproverare».
SQUALIFICA CALCIOSCOMMESSE – «La possibilità di andare a giocare in America, era già tutto fatto, il Milan mi avrebbe ceduto il cartellino. Poi l’America è venuta da me: i Globetrotters, la squadra di basket che girava il mondo, mi chiese di fare uno spettacolo all’intervallo delle loro partite. Mi mettevo in porta e gli spettato riprovavano a fare gol. Mi sono divertito un sacco».
DUALISMO ZOFF – «Siamo stati due grandissimi portieri. Io più agile, Dino più compatto. Lui aveva gambe grosse, strutturate, solide; io solo muscoli. Zoff èun monumento del calcio italiano».
VITA PRIVATA – «Bella e tranquilla, sono fortunato. Nel 2004 ho rischiato di morire di infarto. Ero all’ippodromo di Montecatini, avevo appena fatto una corsa. Stavo riguardando al monitor la gara, sono crollato a terra. Sono stati bravi con i primi soccorsi, mi hanno salvato la vita. I cavalli sono stati a lungo la mia passione, da allora non più. Vivo a Forte dei Marmi con mia moglie Betty, stiamo insieme da 50 anni. Ho 4 favolosi nipoti: Edoardo e Sofia studiano all’Università, poi ci sono i piccoli Emma, che gioca a Tennis, e Tommaso: lui va pazzo per il calcio, ma non vuole che vada a vederlo, mi tocca nascondermi».
PORTIERI ITALIANI – «Carnesecchi, un po’ mi ci rivedo. È spericolato, incosciente come si può esserlo da giovani. Io mi sono rotto due volte il setto nasale e ho perso quattro denti. Farà una grande carriera».