PianetaBari
·23 March 2025
Viaggio nel settore giovanile del Bari. Le strutture, il budget, l’indipendenza da Napoli, i prospetti e la Primavera: parla Sansonetti

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·23 March 2025
Il settore giovanile è un asset fondamentale per un club di calcio, sia dal punto di vista sportivo che economico e identitario. Innanzitutto, rappresenta una fucina di talenti: sviluppare giocatori fin da giovani permette al club di formare atleti “fatti in casa” che conosca perfettamente la filosofia di gioco e i valori della squadra. In secondo luogo, il settore giovanile è un investimento a lungo termine. Anche se non tutti i giovani arrivano in prima squadra, quelli che si affermano altrove possono essere venduti, generando plusvalenze significative. Club come l’Ajax, l’Atalanta o il Benfica hanno costruito modelli di business di successo su questo principio.
Inoltre, il vivaio rafforza il legame con la comunità locale e i tifosi. Vedere ragazzi del posto emergere in prima squadra crea un senso di appartenenza e orgoglio, consolidando l’identità del club. In più, vale sempre il principio di sostenibilità: puntare sui giovani aiuta a mantenere una visione a lungo termine, bilanciando ambizioni sportive e gestione economica. In un calcio moderno sempre più dominato dai soldi, un settore giovanile forte è un’ancora di salvezza per molti club.
Il vivaio biancorosso è storicamente riconosciuto come uno dei più importanti nel panorama calcistico italiano, con una tradizione di crescita e sviluppo di talenti che hanno lasciato il segno sia a livello locale che nazionale. Attualmente, a dirigere il settore giovanile del Bari c’è Marcello Sansonetti, che supervisiona le squadre giovanili, con l’obiettivo di formare giocatori pronti per la prima squadra e, al contempo, mantenere un’identità calcistica radicata nel territorio.
Abbiamo avuto il piacere di potere intervistare il direttore del settore giovanile del Bari Sansonetti, in una lunga chiacchierata che verte su numerosi temi di grande interesse.
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Sansonetti, quali sono le figure che coordinano il settore giovanile del Bari oltre lei? «Il mio ruolo bene o male è cresciuto nel tempo, anche negli anni scorsi coordinavo tutto il settore giovanile, così come faccio anche quest’anno. La società ha adottato una strategia di cambiare dall’alto le figure tecniche, visti gli arrivi di Magalini e Di Cesare, e quindi anche nel settore giovanile. Abbiamo incluso Raffaele Bianco come responsabile tecnico, poi diversi collaboratori, come Mirko Eramo. C’è stata la riconferma di Lello Sciannimanico in una versione differente, l’inserimento di Nino Armenise come responsabile di riferimento per la metodologia e abbiamo creato ex novo un’area, non presente prima, dello scouting, coordinata da Nicola Trisciuzzi, dove abbiamo inserito 7-8 scout in tutta la regione e anche fuori, che ci supportano attivamente».
Che altre aree avete? «Abbiamo consolidato quello che avevamo già strutturato come area psicopedagogica, con uno psicologo per ogni squadra. L’area performance è gestita dai preparatori atletici, in questo caso dal coordinatore che è Ludovico Acocella che in questo momento è in Primavera. Chiaramente il settore giovanile è composto anche dall’area femminile. Abbiamo quest’anno entrambe le squadre, la 15 e la 17, che sono passate alle fasi nazionali, cosa che non era mai successa negli anni precedenti. È un progetto ex novo anche questo. Da quando ho preso in mano un po’ tutto il discorso del settore giovanile, con la direzione abbiamo puntato molto sul femminile e stiamo avendo grandi risultati. Allo stesso modo per il progetto Bari Generation, che annovera oltre 50 società affiliate in regioni di tutto il centro-Sud Italia».
Qual è il bilancio ad oggi? «Positivo, perché abbiamo un’idea univoca. Abbiamo istituito un database dove ogni allenamento di ogni squadra viene condiviso con le figure di cui prima, dove c’è un goal setting specifico su ogni singolo ragazzo che viene valutato, magari anche da strumenti quali possono essere video, sia durante le partite che durante gli allenamenti, per cercare di limare e lavorare sui difetti del singolo e potenziare le qualità che ognuno magari ha. Un lavoro specifico su ogni singolo ragazzo e sulla squadra. Abbiamo dato seguito a quella che era la ripartenza dopo il fallimento, che ci ha visto con zero tesserati sia come calciatori che come allenatori».
Che risultati vi ponete? «Noi dobbiamo far crescere i ragazzi, migliorarli e portarli possibilmente un domani a esordire in prima squadra. Questo è l’unico vero risultato di un settore giovanile. Poi è chiaro che nell’ambito della competizione noi siamo i primi che chiediamo ai ragazzi di mettercela tutta, di ottenere dei risultati perché gratificano il lavoro che si fa. Devo dire che i risultati delle Under sono più che soddisfacenti, nel senso che l’anno scorso si era chiuso con un penultimo post, un terzultimo e comunque sempre fuori dai playoff. Anche nella 17 che era la squadra più quotata. Quest’anno siamo a ridosso dei playoff un po’ con tutte le squadre, anche la 15 si è ripresa e forse la 16 ha avuto un momento di calo che l’ha fatta uscire. A livello di classifica dunque siamo anche meglio rispetto a quello che pensavamo, ma soprattutto molto bene a livello di organizzazione e di metodologia di allenamento e condivisione dell’area».
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Probabilmente la nota dolente è la Primavera. Partiamo dalla conferma in estate di Vito Di Bari. «Abbiamo cambiato tutti i tecnici, ma l’unico che abbiamo mantenuto era fisiologicamente Vito Di Bari, perché aveva fatto un buon lavoro con la sua squadra. Il fatto che aveva avuto l’esperienza in prima squadra l’anno scorso gli ha permesso di avere anche gratificazioni da parte di Valerio Di Cesare, quindi della direzione sportiva della prima squadra e del Presidente, che gli hanno così proposto di continuare nel settore giovanile prendendo la Primavera e dando la possibilità a Federico Giampaolo, anch’egli di supporto della prima squadra, di avviare un biennio, quindi Under 17 e Primavera per l’anno successivo. Si sapeva che Vito fosse proiettato per le prime squadre, infatti stava facendo il corso Uefa A e la volontà di tutti era un anno di concetto per cui a Federico si era proposto il biennio. È proprio lì proprio che nasce il problema e che abbiamo riscontrato».
Ovvero? «Eravamo concentrati sulle altre squadre sulle quali dovevamo organizzare tutto, dall’allenatore, gli staff ai giocatori, mentre lì in Primavera c’è stata continuità totale in sintonia con il mister, che aveva ritenuto quel gruppo tutto idoneo per fare la Primavera. In più aveva richiesto degli inserimenti che poi sono stati fatti con l’ossatura dei 2006. Purtroppo ci siamo scontrati con la realtà che era differente, ovvero la squadra dei 2007 non era totalmente idonea in quanto abbiamo constatato che ce n’erano una decina che non erano ancora pronti per fare quel tipo di campionato, per cui dopo sono state fatte delle scelte. Lui, poi, che era per quella squadra un elemento fondamentale, una guida, è venuto meno perché ha fatto il corso Uefa A: partiva per Coverciano il lunedì e rientrava il giovedì, il sabato si giocava. Questo per tre mesi, quindi la sua assenza è pesata».
Poi c’è stato il suo addio a sorpresa. «Chiaramente noi tutti, dal presidente alla direzione della prima squadra, avevamo riversato massima fiducia in Vito e gli avevamo dato massima libertà d’azione, essendo certi che avrebbe risolto questa situazione. Gli abbiamo dato solo supporto, non siamo mai intervenuti. A un certo punto prima di una gara fondamentale contro l’Avellino, che poi abbiamo perso 1-0 sbagliando anche un calcio di rigore, Di Bari ha chiesto di andare via perché aveva già preso accordi con il Casarano, tra l’altro comunicandolo ai ragazzi che si erano trovati così in una situazione in cui non potevamo fare diversamente se non assecondare questa sua richiesta».
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Di lì l’arrivo di Catalano. «Questo shock è stata anche una molla, perché poi tempo di riprenderci un attimo, abbiamo preso mister Raimondo Catalano, che è un ragazzo di Bari, cresciuto insomma con la società del Bari nel cuore, ma soprattutto un tecnico che ha avuto esperienze di questo tipo nei campionati di serie D. Situazioni un po’ drammatiche, difficili, che è riuscito a portare a termine positivamente. Quindi abbiamo trovato l’identikit ideale anche se non aveva mai avuto esperienze nelle giovanili, sebbene la Primavera sia un po’ borderline».
C’è da dire che a gennaio la società è intervenuta pesantemente. «Sì, abbiamo dato la possibilità a una decina di ragazzi che avevano bisogno di giocare in altri campionati di andare in prestito e abbiamo preso altrettanti dieci ragazzi che abbiamo inserito. Qualcuno un po’ più grande, qualcuno un po’ più esperto, più formato. Devo dire che questa azione correttiva ha iniziato a dare i suoi frutti e se rimaniamo al primo tempo di Pescara con la classifica che ci era creata, eravamo a un punto veramente impensabile un mese e mezzo prima. Questo fa parte del calcio, ci siamo rimboccati le maniche tutti quanti, i ragazzi hanno capito l’importanza del gruppo e adesso siamo in linea e possiamo ambire alla salvezza».
Non si poteva confermare a inizio anno qualche 2005 per dare più esperienza, come chiesto da Di Bari? «La società ha valutato e risposto che in questo caso i 2005, essendo fuori quota e non sotto contratto, non erano idonei per la prospettiva della prima squadra. Perché analizzando questo campionato, viene fuori che noi giochiamo prevalentemente contro squadre di serie C, che per il discorso minutaggio possono contare su ragazzi fuori quota. Le loro rose sono di qualità inferiore rispetto alla nostra, ma è più semplice che i loro 2005 possano anche essere utili in prima squadra. Da noi il 2005 deve essere un fenomeno per stare anche in prima squadra. Per cui se in estate la direzione sportiva della prima squadra aveva ritenuto che questi ragazzi dovessero fare un passaggio ulteriore, quindi andare in prestito, noi eravamo rimasti in attesa che individuassimo dei profili 2005 da prima squadra che potessero fare anche la Primavera. Questo non si è verificato per cui siamo siamo andati avanti per quelle che erano le nostre forze con Di Bari, prendendo Mavraj che è ad esempio uno dei ragazzi più talentosi di tutta la Primavera 2, De Lucci altrettanto. L’ossatura l’abbiamo fatta, avevamo preso anche Fravola, Tedeschi, tanti 2006. Abbiamo provinato tanti altri 2006, ma siccome a livello qualitativo erano similari ai nostri 2007, si era poi deciso di portare avanti i nostri 2007, quando forse sarebbe stato più opportuno una scelta tecnica diversa».
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Qualche 2005 però l’avete messo sotto contratto. «Dachille, Lops, Colangiuli, Natuzzi. Tutti ragazzi che essendo arrivati in prima squadra l’anno precedente, noi chiaramente dovevamo tutelarci con un apprendistato, perché era in corso la stagione e loro potevano essere protagonisti. Questo comunque sotto una gestione tecnica differente, quella di Polito, che magari vedeva in questi ragazzi qualcosa in più rispetto a quella che è l’attuale direzione sportiva, che vedeva invece qualcosa in meno».
Veniamo alla cessione di De Martino al Napoli, che ha fatto discutere la piazza. «Lui ha grosse problematiche familiari, per cui stava soffrendo questa lontananza dalla sua famiglia, che è di Napoli. Il Napoli l’aveva già individuato come un ragazzo che potesse fare al caso loro già dall’estate, ma erano altri momenti per cui noi non avevamo ritenuto opportuno cederlo. Questa volta però l’abbiamo assecondato perché il ragazzo era in condizioni psicofisiche negative, era peggiorato tanto, bisognava dargli un supporto. Noi eravamo già intervenuti in quel reparto con Cracchiolo e con Georgevski, un talento che è stato pagato dal Genoa una cifra esorbitante un paio di anni fa. Per cui avevamo già delle alternative tecniche, avevamo bisogno di un’alternativa più fisica, strutturata. De Martino con noi non ha fatto un assist. Lui è bravo, un ragazzo tecnicamente valido, però quest’anno non ha inciso per nulla, quindi in considerazione di questo, in considerazione delle problematiche familiari, in considerazione che a Napoli avrebbe potuto trovare un po’ più di vicinanza alla famiglia e di serenità, abbiamo ritenuto di procedere a questo scambio con Avvisati, che è quello che ci serviva. Sapevamo che non giocava da tempo, però abbiamo ritenuto che potesse essere utile anche negli ultimi 5 minuti o negli ultimi 20. Pian piano sta crescendo fisicamente e quindi ci potrà dare una mano, così come ha fatto anche con la Salernitana».
Sansonetti, in caso di retrocessione cosa succederà? «Noi stiamo lottando come dei leoni e abbiamo altre partite cruciali e fondamentali per poterci tirare fuori, siamo ottimisti. Però se dovesse capitare, così come nella vita, quando si sbaglia è giusto valutare poi strategie correttive. In tal caso faremo sicuramente un campionato di Primavera 3 vincente, non ottenendo la promozione come ripescaggio come avvenuto negli anni precedenti. Abbiamo un gruppo che ha delle qualità, perché oggettivamente adesso le stiamo mostrando. Per onore del vero, noi a cospetto delle altre realtà di Primavera 2, non abbiamo fuori quota, se non Lorusso, ma perché c’è stata quella possibilità di intervenire con il Cerignola».
In caso di salvezza quale sarà, invece, l’obiettivo? «Non parlerei di promozione, perché servirebbe strutturarsi in modo adeguato. Posso però dire che avendo più esperienza allestiremmo una squadra che con qualche prospetto mirato possa fare un campionato dove lasciare il segno, per la qualità e la proposta di gioco. In più, se riuscissimo a portare qualcuno in prima squadra, allora sì che avremmo vinto il nostro campionato».
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Sansonetti, quali sono le difficoltà di portare giocatori dal settore giovanile in prima squadra? «Siamo falliti nel 2018, poi consideriamo tre anni di Lega Pro con il Covid. Alla fine sostanzialmente sono tre anni che lavoriamo in Serie B e Serie A nel campionato nazionale di riferimento. Noi nel nostro piccolo comunque qualche ragazzo l’abbiamo sempre portato in prima squadra, poi ci sono annate e annate. Nell’anno della promozione in Serie B ce n’erano di ragazzi che stavano sempre lì in prima squadra, ad esempio Daddario che poi non ha esordito per scelte dell’allenatore in quel momento perché avevamo vinto il campionato. In precedenza avevano esordito Mercurio e Mane, che è un nostro ragazzo in prestito che sta facendo bene. L’anno scorso Lops e Colangiuli. Insomma, ci sono stati dei ragazzi che poi ce l’hanno qualche presenza».
Il Cesena è però fallito l’anno vostro e ha 6-7 giocatori del loro settore giovanile regolarmente in prima squadra. «La differenza è che il Cesena è riuscito a tenere quel gruppo del settore giovanile compatto ed è stata una marcia in più, perché poi tenendolo ha vinto facilmente la Primavera 2 l’anno scorso e sta dando continuità. Qui invece noi siamo stati depauperati di tutto il nostro valore, perché chiaramente avendo dei profili interessanti questi non sono stati neanche richiesti, ma presi ovunque in Serie A e nei campionati più importanti. È chiaro poi che il settore giovanile è un asset importante laddove la società ha raggiunto degli obiettivi prioritari. Nel momento in cui il Bari avrà raggiunto l’obiettivo della Serie A, è chiaro che poi possono essere indirizzate le energie economiche e di attenzione un po’ più verso il settore giovanile, che nel frattempo sta facendo il massimo che può con le risorse che ha».
È pur vero che il Napoli, stessa vostra proprietà, i suoi obiettivi li ha raggiunti, ma nel settore giovanile investe comunque poco. «Sono delle strategie aziendali. A me piacciono chiaramente le società che investono, che puntano molto sul settore giovanile, che lo strutturano. Però non mi va di biasimare il Napoli con le strategie che fa. Loro puntano a non costruire da zero il calciatore che poi arriva in prima squadra, ma lo vanno a intercettare in una zona medio-alta, lo paga tanti soldi, lo valorizzano e lo rivendono facendo plusvalenza. Per cui non entrando nel merito, perché parliamo di Napoli ma avremmo potuto parlare di un’altra realtà similare, quella è una strategia comunque che chi la fa la porta a termine in modo positivo e vincente. È chiaro che a me piace molto di più la strategia dell’Atalanta, che è riuscita a investire con tanti, tanti, tanti anni di sacrifici e programmazione, parliamo di oltre un ventennio, per arrivare alla realtà attuale».
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Qual è il budget che vi mette a disposizione la proprietà per lavorare? «Per il Bari in questo momento la Serie A è l’obiettivo primario, per cui a ruota verranno completati anche tutti gli altri asset, quindi con budget adeguati. Per quanto riguarda il Napoli, la proprietà è la stessa, ma sono due gestioni diverse. Napoli come settore giovanile è molto forte nelle squadre iniziali, poi si perde un po’. Noi invece, abbiamo un’idea diversa, il presidente Luigi De Laurentiis ha un’idea diversa. Napoli non ha le affiliazioni, noi ce le abbiamo. Napoli demanda magari il progetto Women, noi ce l’abbiamo interno. Ci sono tante differenze nonostante la proprietà sia la stessa».
Sansonetti, crede che c’è qualche giocatore che nei prossimi anni potrà fare il salto in prima squadra? «Sì, secondo me noi qualche talento ce l’abbiamo. Adesso, però, ci stiamo approcciando a un cambio epocale di normative. Prima si era tutelati dall’ex articolo 96, che una volta tesserato il ragazzo a 14 anni te lo portavi a contratto triennale e poi prima squadra, per cui nessuno te lo poteva togliere, se non acquistandotelo. Adesso i club hanno la possibilità di tesserare a 14 anni un ragazzo per due anni: in questi due anni chiunque può intercettarlo e poi prenderlo a seguire e comunque anche tutti quanti gli altri, più grandi o piccoli andranno sempre a scadenza di tesseramento. L’Europa funziona così, ma in Italia diventa difficile perché ci sono i procuratori che fanno giustamente il loro lavoro, per cui prima di chiudere l’accordo i giocatori se sono bravi vengono chiacchierati con club di Serie A e con settori giovanili di livello. Per cui non sarà facile tutelare il nostro patrimonio».
Come si può allora provare a mantenere a Bari un futuro prospetto? «Come disse Bianco, bisogna puntare sul senso di appartenenza al club. Questo crea un rapporto con questo logo che fa la differenza. La Serie A ha chiaramente un potenziale diverso rispetto a una Serie B o Serie C, Roma, Fiorentina, Sassuolo sono club costantemente con osservatori sul nostro territorio. È perciò difficile per le società di appartenenza tutelarsi, visto che se ci sono ragazzi talentosi state certi che questi club si sono già mossi con procuratori e famiglie. Tuttavia, se il ragazzo avrà senso di appartenenza e amore verso il Bari allora per noi sarà più semplice tutelarci. Noi ci stiamo provando con tutte queste armi, ma anche con l’occhio su chi è già fuori e che magari non sta facendo annate particolarmente brillanti e lo riusciamo a riportare a casa. Laddove poi arriveremo in Serie A con la prima squadra, sarà più semplice questo processo di tutela dei nostri talenti».
Il limite che avete sono le strutture? «Questo è indubbio. Noi ci muoviamo tra Modugno, San Pio, Bitetto, Bitritto, Triggiano, per cui se mettiamo dentro squadre ulteriori servirebbero ulteriori campi. Non è facile creare il senso di appartenenza se mancano la logistica o le strutture. Anche i vari tecnici e responsabili vanno in difficoltà, se si avesse un centro sportivo avremmo tutto sott’occhio. Anche qui noi ci rimettiamo a quelle che sono le idee della proprietà. Il centro sportivo è un asset importante, ma va collocato tra quelli che sono tutti gli obiettivi prioritari della proprietà».
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