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·22 March 2025
Pancaro sicuro: «La Lazio è l’amore della mia vita calcistica. Vi racconto un aneddoto sullo scudetto del 2000…»

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Giuseppe Pancaro, in occasione dell’evento Panini Tour, ha rilasciato un’ intervista raccontando anche un aneddoto sullo scudetto 2000 della Lazio. Ecco le parole:
PAROLE – «La Lazio è l’amore della mia vita calcistica, senza togliere nulla alle altre. Sapevo che le aspettative erano altissime, ma l’impatto nella partita d’esordio mi diede l’idea di essere in una squadra di campioni assoluti. Era una partita col Napoli, segnammo io e Mancini: due esordienti con quella maglia. La stagione ‘99/‘00? Avevamo la sensazione di essere una squadra forte, che poteva competere su tutti i fronti. Era un ciclo partito qualche anno prima, con l’arrivo di Eriksson. Ogni anno si aggiungeva un pezzo: c’era la sensazione di avere l’obiettivo di formare una squadra per vincere tutto, società compresa. In quegli anni faceva investimenti molto importante, c’era un progetto che partiva da lontano».
SCUDETTO 2000 – «Il 14 maggio? Ognuno cercava di gestire la tensione a modo proprio. Chi si è seduto in un angolo e non si è più mosso finché non è finita a Perugia, mentre io, Sinisa e Stankovic siamo stati gli unici tre a vedere la partita. Molti erano in giro per lo stadio. A fine partita ci fu un abbraccio bellissimo tra noi tre, era il coronamento di un sogno vincere lo scudetto con la Lazio. È stato l’apice, perché stranamente io avevo come desiderio più grande vincere uno scudetto. Riuscirci con la Lazio, che ne aveva vinto solo uno precedentemente con Maestrelli, è stato il coronamento di un sogno. È stata la mia più grande gioia sportiva. Eriksson? Un uomo unico. Il dolore è ancora forte per la sua prematura scomparsa. Una persona che mi ha cambiato la carriera, mi ha voluto bene e mi ha voluto fortemente alla Lazio. Senza di lui forse non avrei avuto la fortuna di giocare e vincere con la Lazio. Quando la Lazio andò a Cagliari per prendermi la trattativa ebbe dei problemi, tanti si sarebbero stancati ma lui ha voluto a tutti i costi me. Gli sarò per sempre grato per avermi portato alla Lazio. Avevamo un rapporto bellissimo, non era di tante parole. Era anche timido, ma intelligente e sensibile. Rispettava tutti, era impossibile non volergli bene. Penso sia l’artefice dei successi di quella Lazio, in quella piazza si vive di alti e bassi e lui non ci fece mai pesare nulla, neanche nelle difficoltà. Ebbe sempre fiducia in noi ed è il motivo per cui abbiamo vinto tanto».