Juventusnews24
·22 November 2024
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(inviato a Londra) – La Juventus Women saluta con due giornate di anticipo e sei di ritardo una Women’s Champions League che nella previsione di tutti neanche doveva iniziare. From Paris with love fino a Londra con la consapevolezza rinfrescata di essere ancora lontana dal gotha europeo. Nel doppio confronto con l’Arsenal (oggi, secondo chi scrive, nella top 4 continentale) la Juve perde l’effetto sorpresa e il vantaggio di condizione che le aveva permesso di tritare con merito il PSG.
All’andata Canzi ha scelto la propensione e l’assetto con cui ha rivoltato il campionato ed è tornato a casa con quattro schiaffi. All’Emirates, per non lasciare spazi, ha intasato il centrocampo e bloccato gli esterni e per poco non superava la notte da combattente. Il gol di Hurtig allo scadere è beffardo ma l’Arsenal nella ripresa aveva flirtato almeno 5-6 volte con il vantaggio mentre le bianconere una sola con Caruso. Alla fine le inglesi si sono dimostrate superiori a prescindere dall’attitudine e dalle scelte tattiche di Max: «Sarei disonesto a dire il contrario». Preferire la seconda alla prima spregiudicata prestazione o viceversa (al di là della rotondità del risultato) è lecito ma diventa quasi una questione di estetica della sconfitta. La Juventus ci ha provato in entrambi i modi… Alcuni episodi sono girati male ma in generale non era cosa.
Oggi la Juventus Women è una squadra innovativa, verticale e solida: di molto migliore a quella di pochi mesi fa ma senza individualità che possono fare la differenza in Europa. Non ci sono giocatrici in grado di incidere quando il livello si alza così vertiginosamente (solo Cantore in stato di grazia ci è riuscita). La Juve dopo quattro giornate ha il peggiore attacco dei gironi Champions con Galatasaray e Celtic: solo una rete di Cantore, appunto, al Valerenga. Per competere servirebbero tre, forse quattro fuoriclasse in una rosa di ottime giocatrici o per ora ‘soltanto’ potenziali top player. Intensità e corsa non mancano quasi mai ma non possono bastare se il gap qualitativo e di struttura fisica è così ampio (come reggere l’impatto di due cambi come Blackstenius e Hurtig?).
E ancora: se in Italia per le bianconere i calci piazzati sono diventati un’arma nucleare, in Europa ogni corner a sfavore diventa automaticamente un’occasione da gol per le avversarie (vedi anche Roma che ne prende tre uguali a Lione). Rimane difficile colmare il divario partendo da presupposti tanto diversi per dimensione economica e competitività dei rispettivi movimenti. Questo non significa che la Juve non debba essere fiera del proprio percorso europeo: serate come quella di ieri, in uno stadio e con un pubblico come quelli di ieri, sono un premio guadagnato sul campo che sicuramente gioverà in futuro a una squadra ancora giovane e inesperta. Il prossimo tentativo l’anno venturo: probabilmente – anche quello – sarà contro pronostico.