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·21 May 2025
ESCLUSIVA PSB – Scognamiglio: “La Juve Stabia è l’Atalanta della Serie B. Capolavoro dell’Avellino. Cosenza? Ecco cosa penso”

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·21 May 2025
Una carriera da cinquecento presenze, abbastanza per gonfiare il petto al momento dell’appello dei grandi giocatori ma non sufficienti a spegnere la passione verso il Gioco. Gennaro Scognamiglio ha attraversato tre decenni di calcio, vissuto in lande differenti per abitudini, cultura e percentuale di coinvolgimento. Ogni esperienza gli ha lasciato qualcosa – al di là dei ricordi – tale da favorire la germogliazione del desiderio di restare in questo mondo, seppure con un’altra qualifica. Oggi Direttore Tecnico del Giugliano, con cui ha centrato i playoff nel Girone C di Serie C prima di capitolare contro il facoltoso Catania, l’ex noto difensore è stato raggiunto in esclusiva dai nostri microfoni.
Questo è stato il primo anno della tua nuova vita, quella che da calciatore ti ha visto cambiare veste e indossare l’elegante abito del dirigente. Come procede quest’esperienza da Direttore Tecnico del Giugliano?
“Sto vivendo un’esperienza assolutamente positiva sotto l’aspetto personale, era un passaggio a mio avviso da fare per inaugurare questa nuova fase della mia vita. Ho avuto la fortuna di cominciare questo percorso con una persona seria, che lavora in questo mondo da tanti anni e lo fa con assoluto profitto, ovvero Domenico Fracchiolla (Direttore Sportivo del Giugliano, ndr). Ho rubato tante cosa da lui, perché secondo me è davvero preparato lato sensu, è un dirigente in grado di interfacciarsi con ogni sfaccettatura di questo mestiere. Non è mai facile calarsi subito nella parte, ma ho imparato tanto da Domenico e continuo a farlo grazie a confronti che sono praticamente giornalieri: condividiamo molteplici pensieri, dalle cose più minuziose a temi più grandi. Aggiungo una cosa: questa è una strada che ho sempre desiderato percorrere. Quando giocavo ero molto interessato ai compiti del Direttore Sportivo, figura con cui mi sono costantemente confrontato, ergo la scelta di seguire l’apposito corso e qualificarmi come tale è stata, ribadisco, la diretta conseguenza di una propensione che sentivo di avere”.
Da dirigente, è inevitabile chiederti un parere sul terremoto dall’elevatissima magnitudo che ha scombussolato la Serie B negli ultimi giorni. Abbinando tale evento a quanto emerso tramite il servizio delle Iene, possiamo complessivamente ritenere che la direzione presa dal calcio sia purtroppo deleteria.
“Le notizie di questi giorni ci portano inevitabilmente a pensare questo. Non riesco a definire “calcio” tutto ciò. Sono temi che feriscono e destano innumerevoli perplessità. Sono state cambiate le carte in tavola a campionato finito, chi si è salvato sul campo ha scoperto solo dopo il termine della stagione di dover patire un -4 per alcune cose non fatte a modo: questo, per me, falsa tutto. Sono cose che capitano con sempre maggiore frequenza in Italia, mentre all’estero sono dinamiche con le quali non ci si interfaccia praticamente mai. Dunque, mi chiedo, perché non prendere esempio dagli altri? Vedere le classifiche cambiare è allucinante. Oggi non si pensa al fatto che il calcio sia diventato una questione di testa. Se un calciatore stacca la spina perché il campionato è finito, come si può ritenere facile fargli riaccendere il motore per tornare in campo e cercare di conquistare qualcosa che in realtà ha già ottenuto? Purtroppo, ed è una cosa che dico con fermezza, le regole sono fatte da persone che non sono di campo e che non hanno niente a che vedere con il calcio. Ho smesso da poco, dunque so di cosa parlo. Questo sport va visto in un’altra maniera, altrimenti la situazione non farà altro che peggiorare”.
La tua carriera ha attraversato lo Stivale e vissuto momenti da rimarcare indipendentemente dalla categoria. Volendo pescare dal mazzo, la prima considerazione che ti chiedo è sull’Avellino, piazza che hai conosciuto da calciatore, per poi affrontarla in quest’annata nella tua nuova veste, e che nella prossima stagione ritroveremo in cadetteria.
“L’Avellino ha fatto un capolavoro. Vincere non è mai facile, dunque non lo è nemmeno quando si spende tanto e si costruisce una squadra fortissima. Gli irpini venivano da anni dove allestivano organici importanti ma, secondo me, al contempo commettendo errori di programmazione. In questa stagione sono stati davvero bravi, da gennaio è stato fatto un ottimo lavoro, pur dovendo altresì riconoscere il lavoro importante fatto dal Direttore Perinetti, che ha impostato la stagione con le trattative estive. La società, quando l’ha mandato via, è stata brava nel prendere persone in grado di non ribaltare nulla, anzi, sono state seguite le indicazioni dell’allenatore, come certificato dai calciatori presi. Palumbo, Lescano e Cagnano hanno dato una grande mano, dimostrando di essere elementi da Avellino. Questa piazza non è per tutti, lo dico con cognizione di causa. Sarò sincero, non mi aspettavo un simile impatto di Biancolino, immaginavo non fosse pronto per un simile salto. Raffaele è un amico, gli voglio bene, abbiamo tra l’altro giocato insieme a Cosenza: ha smentito gli scettici e dimostrato a tutti di saperci fare. Vincere da calciatore e da allenatore non è per niente facile, chapeau”.
In questa stagione hai spesso seguito da vicino la Juve Stabia, che ora si appresta a battagliare in una storica semifinale playoff contro la Cremonese. Cosa ti ha sorpreso maggiormente dell’armata di Guido Pagliuca?
“Credo molto nel rapporto tra allenatore, direttore, società e gruppo: quando tutte le componenti trovano la giusta connessione, il risultato sportivo ha tutti gli ingredienti per essere importante. Questo è il punto che contrassegna la differenza. I gialloblu stanno facendo qualcosa di incredibile, dando seguito a quanto costruito nella scorsa stagione: ci sono giovani che hanno fame e che sono stati ben amalgamati da un allenatore fortissimo, con idee importanti, che ha reso la Juve Stabia una squadra interessante e propositiva. Le Vespe, sia in casa che fuori, hanno sempre giocato un calcio uomo contro uomo a tutto campo, andando a prendere gli avversari nella loro metà campo. La Juve Stabia, secondo me, è l’Atalanta della Serie B. I giocatori sono in fiducia, l’allenatore gli ha trasmesso idee importanti e loro sono stati bravi ad assorbirle. C’è, ovviamente, anche la mano del Direttore Sportivo, che ha portato giocatori a Castellammare che magari qualcuno non conosceva, ha fatto bene il suo lavoro e oggi sta raccogliendo elogi legittimi, dimostrando quanto di incredibile fatto”.
Seppur per pochi mesi, hai giocato in quel di Cosenza dove, come sottolineavi poco fa, condividevi lo spogliatoio con Raffaele Biancolino: dopo anni di stenti e di agonia, è arrivata la malaugurata retrocessione in C. Cosa ti senti di dire alla piazza?
“Cosenza è una piazza ambita da tutti, che deve stare almeno in Serie B e fare campionati di alta classifica per poter sperare nella Serie A. È un club con una storia importante, espressione di una città a mio avviso molto bella. Il Marulla è un impianto che a me è sempre piaciuto molto, ergo parliamo di una realtà che ha tanti elementi per fare bene. Bisogna ritrovare la serenità e un presidente che tenga alla piazza, perché ora è necessario ricostruire e programmare, così da capire l’obiettivo che si desidera raggiungere. Oggi non si centrano i traguardi unicamente incanalando soldi su soldi, ma è necessario scegliere le persone giuste, evitando di fidarsi di persone senza alcuna competenza, che si vendono come amici dei presidenti e che non consentono di applicare il mantra manageriale del calcio odierno: comportarsi come si stesse dirigendo un’azienda”.