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·22 June 2025

Cosa dobbiamo aspettarci dal Bari di Fabio Caserta?

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La scelta di puntare su Fabio Caserta, operata dalla dirigenza del Bari, è senza dubbio intrigante. Dopo l’esonero di Moreno Longo, la società biancorossa ha deciso di affidarsi a un allenatore reduce da una stagione decisamente positiva, culminata con il raggiungimento della semifinale playoff alla guida del Catanzaro. Certo, il prossimo campionato si presenta tutt’altro che privo di incognite: il budget, stando alle prime indiscrezioni, dovrebbe subire un leggero ridimensionamento (a cui si aggiungeranno eventualmente i proventi derivanti dalla pressoché certa cessione di Mehdi Dorval) e il clima di contestazione rischia di rendere l’ambiente tutt’altro che sereno.

Eppure, l’aver chiamato un tecnico che ha già dimostrato di saper lavorare bene, valorizzando i giovani e proponendo un gioco spesso propositivo, rappresenta comunque un buon punto di partenza. Non cancella i dubbi — tanto dipenderà dalla qualità della rosa che verrà allestita — ma garantisce almeno che in panchina ci sarà una figura di comprovata esperienza. Ma cosa dobbiamo aspettarci dal Bari di Caserta? Abbiamo provato a rispondere vedendo quello che il tecnico ha proposto in passato.


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Copyright: SSC Bari

Cosa aspettarsi dal Bari di Caserta

Il modulo e lo stile di gioco

Fabio Caserta è sempre stato un allenatore in grado di adattarsi alle caratteristiche dei giocatori che ha in rosa. Nelle prime stagioni della sua carriera, il tecnico ha optato prevalentemente per il 4-3-3 o per varianti tattiche affini: a Cosenza, ad esempio, schierava un trequartista in più e un centrocampista in meno, mentre in altre occasioni non sono mancati passaggi al 4-3-1-2. Nell’ultimo campionato, però, nel corso della stagione ha scelto di virare sul 3-5-2, un sistema che meglio valorizzava le risorse presenti in rosa. È difficile prevedere quale sarà l’assetto del Bari senza conoscere la composizione della squadra  (è probabile comunque il ritorno alla difesa a quattro), ma va detto che alcuni principi di gioco sono rimasti costanti, pur variando le posizioni in campo.

Una delle peculiarità delle squadre allenate da Caserta è sicuramente l’attenzione al possesso palla. Il suo Catanzaro, lo scorso anno, è stata la terza squadra del campionato per percentuale di possesso, anche se va precisato che gran parte di questo avveniva nella propria metà campo. Guardando indietro nel tempo, anche il Benevento era seconda per questa caratteristica ed entrambe le formazioni, seppur con moduli diversi, condividevano comunque un simile atteggiamento di fondo, volto alla ricerca del controllo del gioco fin dalla prima costruzione.

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Copyright: US Catanzaro 1929

Lo sviluppo dell’azione

Come conseguenza di quanto detto in precedenza, un’altra caratteristica che ha accomunato Benevento e Catanzaro — le due squadre in cui Caserta si è espresso al meglio — è il tentativo costante di impostare l’azione dal basso attraverso un possesso palla ordinato ed efficace. Come si nota nell’immagine sottostante, la formazione giallorossa, schierata a tre in difesa, affidava spesso l’avvio della manovra ai difensori, con il supporto di un centrocampista (di solito Petriccione) che si abbassava per offrire una linea di passaggio. Anche a Benevento e Cosenza, nonostante l’uso della difesa a quattro, l’approccio iniziale era simile: un terzino si abbassava sulla linea dei centrali, mentre un altro rimaneva più alto per accompagnare l’azione.

Un’altra caratteristica è quella di proseguire l’azione con rotazioni ben organizzate e fluide. Da un lato i centrocampisti sono sempre stati molto mobili: potevano abbassarsi sulla linea dei difensori, allargarsi sulle fasce per permettere ai terzini o esterni di alzarsi in attacco oppure occupare i mezzi spazi a centrocampo generalmente sulla trequarti. Dall’altro canto partecipavano alla costruzione dell’azione, spesso focalizzando il gioco da una parte del campo per poi cambiare velocemente gioco e finalizzare l’azione dall’altra parte. Nel complesso, le sue squadre sono inoltre molto brave nel distendersi: giocando tanto il pallone a ridosso della loro area di rigore, riescono ad attirare il pressing avversario per poter liberare spazi nella metà campo avversaria da attaccare.

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In questa immagine si vede una delle caratteristiche con cui le squadre di Caserta iniziano l’azione, con tre difensori e un centrocampista in supporto. Da notare come lo stesso meccanismo vi sia stato a Cosenza (dove la squadra giocava con la difesa a quattro) e a Catanzaro, in cui si giocava a 3.

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Una delle caratteristiche che abbiamo descritto. Nella prima immagine si vede il Catanzaro sviluppare il gioco soprattutto nella zona destra del campo, per poi cambiare gioco velocemente sulla fascia sinistra. In questo caso il lancio per Cassandro, isolato da quella parte, è stato leggermente lungo

Le mezzali e le palle inattive

In questo sono molto importanti sia gli esterni che le mezzali. Almeno una di queste ultime due, infatti, quando la squadra ha il pallone fra i piedi cerca di restare sempre abbastanza alta per potersi inserire e attaccare gli spazi. Non è un caso che, nella passata stagione, Pompetti e Pontisso abbiano segnato rispettivamente tre gol a testa, così come ne realizzò ben sette in quel di Benevento Tello (che con lui però, in alcune occasioni, è stato schierato da esterno offensivo).

Particolare attenzione è stata dedicata anche alle palle inattive. In fase difensiva questo si è caratterizzato per una buona attenzione alle marcature e ai tentativi di leggere bene i movimenti avversari. Questo, però, è stato un punto di forza anche davanti: il suo Catanzaro, ad esempio, è stata la terza squadra del campionato a creare occasioni in queste circostanze, sfruttando sia i piedi educati di giocatori come Quagliata e Pompetti sia l’abilità nei colpi di testa di un talento come Bonini (sei reti per lui in campionato lo scorso anno).

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Copright: U.S. Catanzaro

La fase difensiva di Caserta e l’impronta a Bari

E senza palla, cosa aspettarsi da Fabio Caserta? Anche in questo caso emerge la versatilità delle squadre di Caserta: a Benevento la squadra tendeva ad essere abbastanza aggressiva per togliere agli avversari, mentre in quel di Catanzaro si alternavano i tentativi di andare in pressione uomo su uomo, soprattutto sulle ripartenze dal fondo degli avversari, e momenti in cui la sua squadra è rimasta più bassa accettando di abbassare gli esterni sulla linea dei difensori lasciando così buon campo agli avversari.

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