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·1 October 2024
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L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si è soffermata sui numeri e le prestazioni di Alessandro Buongiorno, difensore del Napoli.
Alessandro Buongiorno è l’erede di Kim con un anno di ritardo. Un giocatore che in pochissime partite è diventato già leader della squadra e idolo dei tifosi come dimostrano le ripetute ovazioni al Maradona. Al suo fianco è tornato ai suoi livelli anche Rrahmani. Buongiorno è un marcatore d’altri tempi ma allo stesso tempo moderno. Sa agire a tre o a quattro, da centrale o terzo, in una linea alta o più prudente, arginando senza problemi avversari forti fisicamente o agili grazie a una struttura e una sapienza tattica che gli consentono di affrontare duelli individuali senza timori o ansie. Avanti i prossimi.
Superare Alessandro Buongiorno, di questi tempi, è una scelta che richiede coraggio. Nessuno ci riesce da 17 partite racchiuse in 237 giorni (fermi a domenica scorsa) di tentativi vani. L’ultimo dribbling l’ha subito il 26 gennaio a Cagliari – dove ha trovato il primo gol col Napoli – quando ancora vestiva la maglia del Torino. Da allora, come rivelato dalla Lega Serie A con una statistica ufficiale dopo la gara col Monza, Buongiorno è un muro insuperabile, un marcatore attento, un leader: 1.513 minuti senza farsi mai superare in nessuna competizione per club. E vuole naturalmente continuare ad allungare questa striscia.
In 80 giorni di lavoro ha già ottenuto risultati importanti, raggiungendo il primato in classifica, stabilità difensiva e atteggiamento da grande, tutti sono uniti e la città sogna. Sono cinque risultati di fila dopo la sconfitta di Verona alla prima giornata e sono sei i clean sheet contando anche le gare di Coppa Italia. Il caso Napoli, per uno psicologo, sarebbe facile da risolvere: inizi a crescere quando smetti di vivere nel passato. Vetta in solitaria 483 giorni dopo l’ultima volta dallo scudetto ottenuto, è il risultato del principio precedente. Il club, la squadra e la città sono ripartiti quando hanno iniziato a guardare la situazione con gli occhi di Antonio Conte. Lo scudetto di Spalletti, Giuntoli, Osi, Kvara e Kim è storia imperitura come quelli di Diego e gli altri eroi, ma la prima grande impresa del signor Antonio è stata quella di riuscire a spostare l’attenzione su quello che sta accadendo ora e su quello che potrebbe accadere nel futuro con il lavoro, gli investimenti e la programmazione. L’obiettivo è far sì che il Napoli di Conte non sia una cometa o un fenomeno estemporaneo, e i presupposti sembrano i migliori: lui ci ha messo sin dal primo giorno tutto il bagaglio di una carriera piena di trionfi per dare il via a un processo di crescita mirato all’acquisizione di una mentalità definitivamente grande, capace di gestire le grandi vittorie e di rialzarsi dopo le grandi sconfitte; e De Laurentiis s’è affidato a lui in toto, riconoscendogli pieni poteri con la squadra e finanziando una campagna acquisti faraonica, modulata prettamente su giocatori pronti e affermati (altro che prospetti).
Carlo Gioia
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