Calcionews24
·12 June 2025
Bayern Monaco, guida completa alla squadra: storia, giocatore chiave, giovane talento e allenatore

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·12 June 2025
Il Bayern Monaco è inserito nel girone C del Mondiale per Club insieme a Benfica, Boca Juniors e Auckland City.
La storia del Bayern Monaco è quella di un’inarrestabile ascesa verso l’olimpo del calcio, un percorso che ha trasformato un club di “stranieri” in una delle istituzioni più potenti e riconosciute al mondo. Fondato il 27 febbraio 1900 da un gruppo di ginnasti dissidenti guidati dal berlinese Franz John, il Bayern delle origini era ben lontano dall’essere la superpotenza attuale. Per decenni, il club di riferimento in città è stato il Monaco 1860. La svolta del Bayern iniziò a delinearsi con l’avvento del professionismo e la creazione della Bundesliga nel 1963, a cui inizialmente non furono nemmeno ammessi. Ma nelle loro giovanili stava crescendo una generazione di fenomeni destinata a cambiare la storia: il portiere Sepp Maier, il bomber Gerd Müller e, soprattutto, l’elegante e rivoluzionario libero Franz Beckenbauer, Der Kaiser. Questo trio fu l’architrave su cui il Bayern costruì il suo primo ciclo di dominio negli anni ’70, vincendo tre Coppe dei Campioni consecutive (1974, 1975, 1976) e imponendo un’egemonia nazionale.
Il club ha sempre avuto un’aura unica, un misto di orgoglio bavarese e mentalità globale. Questo dualismo ha raggiunto il suo apice negli anni ’90, un periodo di successi altalenanti ma di enorme visibilità mediatica che valse al club il soprannome, non sempre lusinghiero, di FC Hollywood. Giocatori carismatici e litigiosi come Lothar Matthäus, Stefan Effenberg e Jürgen Klinsmann erano protagonisti di faide interne, interviste polemiche e vicende private che finivano regolarmente sulle prime pagine dei tabloid. Era un’epoca in cui il Bayern faceva notizia tanto per le sue vittorie quanto per i suoi drammi da spogliatoio. Altri soprannomi, come Die Roten (I Rossi), sono un semplice riferimento al colore sociale dominante, mentre Stern des Südens (Stella del Sud), tratto dall’inno ufficiale del club, sottolinea il suo ruolo di faro calcistico della Germania meridionale.
Tra gli aneddoti che ne definiscono l’identità, ce n’è uno che emerge per la sua profondità storica e morale. Riguarda il presidente ebreo Kurt Landauer. Sotto la sua guida, il Bayern vinse il suo primo campionato nazionale nel 1932, ma con l’ascesa del nazismo, Landauer fu costretto a dimettersi e a fuggire in Svizzera dopo essere stato internato a Dachau. Nonostante la tragedia personale, il suo legame con il club non si spezzò mai. Tornò a Monaco dopo la guerra e fu rieletto presidente, ponendo le basi per la rinascita del club. È una storia di resilienza che il Bayern stesso ha riscoperto e celebrato solo in tempi recenti, un capitolo oscuro ma fondamentale che mostra come il club sia sopravvissuto alle pagine più buie della storia tedesca. Una “cosa che non puoi sapere” è che il Bayern, oggi simbolo della ricca e cattolica Baviera, ha umili origini borghesi e liberali, e fu a lungo considerato il club degli “intellettuali” in contrapposizione al più “popolare” Monaco 1860.
In una squadra costruita con la precisione di un ingegnere, Jamal Musiala è il tocco dell’artista, l’elemento di caos che sovverte l’ordine. La sua storia personale, divisa tra l’Inghilterra dove è cresciuto e la Germania dove è nato e che ha scelto di rappresentare, si riflette nel suo stile di gioco: unisce il rigore tattico tedesco a una fantasia quasi brasiliana. Vederlo giocare è un’esperienza estetica. Il suo baricentro basso e la sua rapidità di pensiero gli permettono di eseguire un dribbling che non è un gesto di forza, ma un movimento musicale, una “danza” palla al piede. Scivola tra gli avversari con una naturalezza disarmante, trasformando le zone più congestionate del campo nel suo personale palcoscenico. Non è un semplice trequartista, ma un creatore di gioco totale, capace di definire l’azione con un passaggio filtrante o di concluderla con un tiro preciso. Il suo soprannome, “Bambi“, datogli dai compagni per il suo aspetto esile e le sue movenze quasi delicate, è in netto contrasto con la ferocia con cui elimina gli avversari. È il tipo di giocatore che fa riappacificare con il calcio, l’incarnazione del talento puro che giustifica il prezzo del biglietto e che, in un torneo così prestigioso, può accendersi in qualsiasi momento per regalare una giocata da consegnare alla storia.
Nel ricco panorama di talenti sfornati dal calcio tedesco, Tom Bischof emerge come una delle figure più luminose e tecnicamente dotate della sua generazione. È un trequartista dal sapore antico ma dall’efficacia moderna, un giocatore che fa della qualità e dell’intelligenza le sue armi principali. Prodotto purissimo della rinomata accademia del TSG 1899 Hoffenheim, un club specializzato nella valorizzazione dei giovani, Bischof è l’incarnazione del “numero 10” classico, capace di illuminare la partita con una singola giocata.
Il suo talento è stato certificato ai massimi livelli nazionali: nel 2022 ha vinto la prestigiosa Medaglia d’Oro Fritz Waltercome miglior giocatore tedesco della sua categoria (Under-17), un riconoscimento che in passato è stato assegnato a future stelle come Kai Havertz.
Tom Bischof è un piacere per gli occhi. Il suo stile di gioco è elegante, quasi artistico. Mancino naturale, possiede un controllo di palla eccezionale, soprattutto nello stretto, che gli permette di muoversi con agilità tra le linee avversarie. La sua più grande qualità è la visione di gioco periferica: sembra avere una mappa del campo costantemente aggiornata nella sua testa, che gli consente di trovare passaggi filtranti e linee di passaggio che altri non vedono.
Non è un giocatore che punta sulla velocità esplosiva, ma sulla rapidità di pensiero e di esecuzione. Ha un baricentro basso che lo aiuta nel dribbling e un tiro preciso dalla media-lunga distanza. Per il suo stile di gioco, la creatività e la capacità di giocare tra le linee, è stato spesso paragonato a un giovane Mario Götze o, per un parallelo più attuale, a Florian Wirtz, pur avendo caratteristiche uniche. È il classico playmaker che fa giocare bene la squadra.
La scelta di affidare la panchina a Vincent Kompany è stata una delle più audaci e discusse nella storia recente del Bayern. Dopo una carriera leggendaria da difensore e capitano del Manchester City, dove ha assorbito i principi del calcio di Pep Guardiola, Kompany ha intrapreso un percorso da allenatore che lo ha visto prima all’Anderlecht, dove ha valorizzato i giovani, e poi al Burnley, che ha dominato la Championship inglese con un calcio spettacolare e propositivo. Il suo credo è chiaro: possesso palla, costruzione dal basso, pressing alto e aggressivo. È un tecnico carismatico, un leader nato, ma al Bayern affronta la sua prova più grande: gestire uno spogliatoio pieno di campioni affermati e vincere subito. La sua filosofia offensiva dovrà trovare un equilibrio con la solidità che una squadra come il Bayern richiede. È un allenatore moderno, un poliglotta che comunica perfettamente con un gruppo internazionale, ma la sua relativa inesperienza ai massimi livelli rappresenta un’incognita. Sarà affascinante vedere se riuscirà a imporre la sua visione o se dovrà adattarsi alla “legge” non scritta del gigante bavarese.
Sebbene le tre Coppe dei Campioni degli anni ’70 abbiano definito il DNA europeo del club, l’apice assoluto, l’anno della perfezione, è il 2020. Guidata da Hansi Flick, subentrato a stagione in corso, quella squadra divenne una macchina da guerra inarrestabile. Il contesto della pandemia, con la fase finale della Champions League compressa in un torneo a eliminazione diretta a Lisbona, esaltò la loro incredibile condizione fisica e mentale.
Quel Bayern non vinceva, dominava. Pressava con una ferocia coordinata, attaccava con una fluidità impressionante e segnava a valanga. Robert Lewandowski era il finalizzatore implacabile, Thomas Müller il “Raumdeuter” (l’interprete degli spazi) rinato, Alphonso Davies una freccia sulla fascia sinistra e la coppia Kimmich-Goretzka il motore d’acciaio del centrocampo. Vincere Bundesliga, Coppa di Germania, Supercoppa di Germania, Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club nello stesso anno solare è un’impresa che li ha consegnati all’immortalità, forse persino al di sopra della generazione del Kaiser.
Il Bayern Monaco entra in questo torneo con un solo obiettivo: vincerlo. La rosa è una delle più complete e talentuose al mondo, con un mix perfetto di esperienza e gioventù. La sfida sarà per Kompany, che dovrà dimostrare di poter gestire la pressione di un torneo a eliminazione diretta di questo livello. Se la squadra seguirà i suoi dettami e i giocatori chiave saranno in forma, il Bayern ha tutto per arrivare fino in fondo. Il percorso nel girone sembra una formalità. Dagli ottavi in poi, dipenderà dalla capacità di unire la qualità del gioco alla solidità mentale.
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