Calcionews24
·20 June 2025
Antonio Conte: «I miei allenamenti sono troppo duri? No, Zidane e Del Piero facevano molto di più. E in Inghilterra per accontentare i giocatori ho rischiato io…»

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·20 June 2025
Riflettori puntati su Antonio Conte, protagonista della cover story di “7”, il magazine del Corriere della Sera. L’allenatore si racconta in una lunga intervista che ne esplora il lato umano e professionale. Conosciuto per il suo carisma travolgente e una cultura del lavoro quasi ossessiva, Conte è un vincente seriale, capace di trasformare le sue squadre in macchine da guerra tattica, come dimostrano gli scudetti con Juventus, Inter, Napoli e la Premier League vinta al primo colpo col Chelsea. L’articolo approfondisce il suo approccio, la gestione del gruppo e i sacrifici personali, offrendo un ritratto inedito del tecnico. Ecco un estratto significativo della sua filosofia.
LECCE – «Sono cresciuto in strada a Lecce e lì devi imparare a cavartela, ad affrontare le situazioni. I miei genitori mi hanno insegnato che se vuoi chiedere, prima devi dare».CORRERE CON I GIOCATORI – «Perché nel nostro mestiere, ma non solo, conta l’esempio. Se chiedi il 100 per cento, devi essere disposto a dare il 110%. Solo allora diventi credibile».ALLENAMENTI DURI – «Una volta il capitano del Chelsea venne a chiedere di rallentare il ritmo, di fare meno sedute video. Io acconsentii soprattutto rispettando la loro cultura, il loro modo differente di vivere il calcio. Quando sei in un Paese diverso dal tuo devi stare attento a non stravolgere troppo. Ebbene, perdemmo due partite di fila e ho rischiato di essere esonerato. Da allora penso che se devo “morire” in qualche scelta e situazione da affrontare, lo devo fare a modo mio e non per mano di altri. Questo è il metodo, il trust in process come dicono gli inglesi. Tenere fermo il punto delle scelte. La ricerca del consenso a tutti i costi è un’autocondanna. E se penso alla durezza degli allenamenti, sorrido. Zidane e Del Piero si allenavano in modo molto più duro. Oggi si fa un terzo di quello che facevamo noi. Il lavoro va naturalmente legato ai risultati, mi è capitato di allenare squadre dove un po’ i calciatori stessi cercavano situazioni di fatica. Questo vuol dire per me aver ottenuto il risultato».