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·4 July 2024

Abodi: «Gravina? Bisogna assumersi la responsabilità degli errori»

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Lo sport italiano, mentre si gode un Wimbledon ricco di atleti che stanno tenendo alto il Tricolore e si prepara ad affrontare i Giochi Olimpici di Parigi, non può non riflettere sulla delusione arrivata dalla Nazionale di calcio agli ultimi Europei che sono ancora in corso in Germania.

L’eliminazione dell’Italia, campione in carica, di Luciano Spalletti contro la Svizzera ha provocato più di scontento nei vertici del calcio italiano, ma in generale dello sport. Fra questi c’è anche il ministro Andrea Abodi che ha definito la debacle degli Azzurri «un’immagine oggettivamente traumatica e umiliante». Un commento che viene così spiegato all’edizione odierna de Il Foglio: «Una Nazionale che alza bandiera bianca, mettendo in campo una resa incondizionata, è il manifesto di un problema che non si può continuare a nascondere».


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«Il calcio italiano – continua Abodi – ha le sue luci, ma è condizionato dalle tante contraddizioni. Ma per provare a superarle, ciò da cui bisogna partire è, per cominciare, l’autoanalisi, l’autocritica e l’assunzione di responsabilità. Se c’è qualcuno che sbaglia e fallisce, ci deve essere qualcuno che sa assumersi la responsabilità dell’errore».

Il riferimento, come è facilmente individuabile, è al presidente della FIGC Gabriele Gravina, ma non è rivolto solamente a lui: «La Nazionale italiana, da molto tempo, sta attraversando una crisi sistemica. E in questa crisi pesa anche il fatto che nella Federcalcio italiana vi sono degli equilibri che penalizzano la promozione del talento e della competitività. Ed è complicato che la Federazione possa pensare al futuro del calcio italiano condizionata dagli interessi di parte, quelli delle singole componenti, senza ragionare sugli interessi del sistema, con una visione organica che coinvolga tutti, tenendo conto della capacità di apporto. Sono convinto che la Serie A debba esser messa nella condizione di essere più competitiva, anche mutuando il modello della Premier League inglese, contando più di quanto conti ora nei processi decisionali della Federcalcio».

«Il presidente Gravina ha ritenuto sufficiente – continua il ministro per lo Sport e per i Giovani –, anticipare la data delle elezioni, senza un opportuno e auspicabile confronto in Consiglio federale. Con le debite proporzioni, come ha fatto il presidente francese Macron. Le ragioni, quindi responsabilità, siano evidentemente tecniche, nel senso più ampio del termine. Il commissario tecnico, Luciano Spalletti, può dare un contributo importante per spiegare perché, secondo lui, siamo tornati a casa così presto e come si può andare avanti, perché è evidente che qualcosa che non ha funzionato non solo dal punto di vista delle scelte, ma anche dal punto di vista della sintonia tra allenatore, team, giocatori».

Sui giovani: «All’Italia manca il sistema con cui si individuano, allenano e valorizzano i talenti individuali, con il quale si allenano i giovani ai fondamentali del calcio, tanto più quando ci si trova di fronte a un ragazzo con i numeri. Si ci concentra troppo sul modo in cui i giocatori devono stare in campo, sugli aspetti funzionali, e meno sul modo in cui i giocatori devono trattare il pallone. Se si ritiene opportuno dare alle seconde squadre di club di A la possibilità di competere anche per una promozione, non vengano posti limiti come in altri paesi europei, pur nella diversità delle storie e dei contesti».

«I ricavi della Serie A non crescono – analizza Abodi –, penalizzando anche la mutualità di sistema, e si allarga la forbice rispetto a quelli dei principali paesi europei. Per quanto riguarda i diritti audiovisivi, il ciclo che si è appena chiuso ha permesso di raccogliere dal mercato circa 1,3 miliardi di euro, in Italia e all’estero. L’Inghilterra ha volumi più di quattro volte superiori. La Spagna ha volumi due volte superiori. 15 anni fa eravamo tutti alla pari. E se l’Italia è cresciuta meno degli altri bisogna capire se esiste o no un problema di carattere industriale: io dico di sì. C’è un problema di pirateria molto grave, e lo stiamo contrastando come non mai e non ci fermeremo perché la pirateria alimenta l’economia criminale ed è bene che lo sappiano gli acquirenti del pezzotto. C’è anche un problema di stadi, importante, e anche qui stiamo intervenendo, con nuovi strumenti anche finanziari che agevolino i club e i comuni proprietari degli impianti».

«Ma più in generale vedo un problema legato alla capacità dei club di costruire un rapporto più forte e prolifico con i tifosi, e vedo una volontà da parte degli stessi club di restare intrappolati all’interno di una serie di intermediazioni che non permettono al calcio italiano di raccogliere, su ogni fronte quello, che potrebbe ottenere, rafforzando la catena del valore: da quello delle partnership, a quello dei diritti audiovisivi, delle opportunità digitali legate anche alla valorizzazione dei dati. E la capacità di dare nuove opportunità alla fantasia nel calcio giovanile, di far crescere i talenti e di renderli competitivi è un problema non solo di organizzazione, ma anche industriale, di business, di capacità di intercettare le nuove domande, nuove esigenze. Il calcio italiano, in tutti i suoi aspetti sportivi, sociali ed economici non vale meno di quello spagnolo. Diamoci dunque quest’obiettivo. Proviamo a imparare da chi fa meglio di noi, facciamo tesoro delle sconfitte, coltiviamo la cultura della collaborazione, poniamoci l’obiettivo di creare valore e superiamo sterili personalismi. Diamo un senso alla brutta pagina che si è consumata a Berlino», ha concluso il ministro.

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