Calcionews24
·23. Juni 2025
Proprietà in Serie A, i due mondi opposti di Roma e Napoli: i Friedkin vicini al miliardo, De Laurentiis quasi a zero

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La Serie A non è solo un campionato di calcio, ma anche un confronto tra modelli imprenditoriali, visioni strategiche e, soprattutto, capacità di spesa. Un’analisi approfondita, condotta da La Gazzetta dello Sport sui conti delle venti proprietà del nostro massimo campionato, ha messo in luce una spaccatura netta, quasi un divario filosofico, incarnato perfettamente da due figure agli antipodi: la famiglia Friedkin alla Roma e Aurelio De Laurentiis al Napoli (che ha vinto lo scudetto contro l’Inter). I dati parlano chiaro: dal loro insediamento, i texani sono i proprietari che hanno speso di più; il patron azzurro, invece, è quello che ha investito meno capitale personale in assoluto.
Dal loro arrivo nella capitale nell’agosto del 2020, Dan e Ryan Friedkin hanno iniettato nel club giallorosso una cifra che si avvicina al miliardo di euro (958 milioni, per la precisione). Un esborso colossale, che però non va confuso con la sola spesa per il calciomercato. La maggior parte di questo fiume di denaro è servita a coprire le ingenti perdite strutturali del club, a rimborsare finanziamenti pregressi e a sostenere continui aumenti di capitale per garantire la continuità aziendale e l’iscrizione ai campionati. È il modello del “mecenatismo moderno”: un investimento massiccio per sostenere un club che, pur avendo un bacino d’utenza enorme e un marchio di prestigio, fatica a raggiungere l’equilibrio economico. La spesa per giocatori come Abraham, Dybala e Lukaku, unita a ingaggi pesanti, ha certamente alzato il livello tecnico, portando in bacheca una Conference League, ma ha anche contribuito a mantenere i conti in rosso, richiedendo un costante intervento della proprietà. L’obiettivo a lungo termine dei Friedkin è evidente: accrescere il valore del brand Roma, renderla stabilmente competitiva e raggiungere il punto di svolta con la costruzione di uno stadio di proprietà, il vero asset che potrebbe cambiare il destino economico del club.All’estremo opposto si colloca il “modello De Laurentiis”. Dal 2004, anno in cui rilevò il Napoli dalle ceneri del fallimento, il presidente ha fatto dell’autosufficienza una vera e propria religione. I versamenti di capitale personale nel club sono stati minimi, quasi simbolici (la stampa specializzata parla di circa 16 milioni di euro in vent’anni), perché la sua creatura ha imparato a camminare e a correre con le proprie gambe. La strategia è sempre stata chiara: acquistare talenti a un prezzo ragionevole, valorizzarli e poi cederli realizzando cospicue plusvalenze (da Lavezzi e Cavani fino a Osimhen), reinvestendo poi i profitti sul mercato. Questo ciclo virtuoso ha permesso al Napoli non solo di rimanere costantemente ai vertici del calcio italiano ed europeo, ma anche di chiudere i bilanci con un invidiabile segno più, un’autentica rarità nel panorama calcistico. La vittoria di due scudetti sotto la sua gestione non è stata il frutto di spese folli, ma il culmine di una programmazione scientifica e di una gestione oculata, dove ogni euro speso deve generare un ritorno, sportivo o economico.
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