Pepito Rossi, tra nostalgia, sacrifici e riscatto: «Non ho mai voluto mollare, dovevo essere io a decidere quando smettere» | OneFootball

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·31. Juli 2025

Pepito Rossi, tra nostalgia, sacrifici e riscatto: «Non ho mai voluto mollare, dovevo essere io a decidere quando smettere»

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Le parole di Pepito Rossi dopo il suo addio al calcio giocato: la sua storia tra nostalgia, sacrifici e riscatto

Tra i più talentuosi attaccanti della sua generazione, Giuseppe “Pepito” Rossi ha vissuto una carriera costellata da grandi promesse e infortuni devastanti. Oggi, dal New Jersey, segue con passione il suo campus per giovani calciatori. Ma il passato, con le sue luci e le sue ombre, è ancora presente. Come raccontato in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, Pepito ripercorre i momenti chiave della sua crescita: dal primo approccio con l’Italia alla scelta sofferta di lasciare la famiglia per rincorrere un sogno, fino all’incontro con Sir Alex Ferguson e la ferocia degli allenamenti a Manchester. Ecco le sue parole a La Gazzetta dello Sport.

UN ANGOLO DI VITA DA NON RIVIVERE«La storia la sanno tutti, e mi mette angoscia. Non ho voglia di rifare terapia. Preferisco restare qui con i ragazzi del mio campus, a guardare avanti»


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L’ARRIVO A PARMA NEL 1999«Ogni estate partivamo da Clifton, New Jersey, e restavamo un mese e mezzo tra Fraine – il paese di mio padre – e Acquaviva di Isernia, da dove veniva mia madre. Io mi sentivo libero, adulto. Il campetto in cemento, il calcio in piazza, la musica: sembrava un altro mondo rispetto alla mia vita americana»

L’IMPATTO CON L’ITALIA«Difficilissima. Mio padre mi portava ogni estate a una scuola calcio a Tabiano Terme, e lì mi notò un osservatore del Parma. Dentro di me non volevo andare, ma non volevo deludere papà. Ci trasferimmo a Salsomaggiore solo io e lui. Ho pianto ogni sera per un mese e mezzo. Mamma venne a trovarmi e sembrava fosse passato un secolo. Stavo bene solo in campo»

IL PASSAGGIO ALLO UNITED DI FERGUSON«Quando mi dissero che mi voleva lo United pensai fosse uno scherzo. Era tutto vero: quattro anni di contratto, un’altra vita. Ferguson? Una figura paterna, severa e protettiva. In allenamento era un altro sport. Dovevo usare la testa, la tecnica. Non potevo permettermi di sbagliare un tocco»

UN EPISODIO EMBLEMATICO«Roy Keane racconta nella sua autobiografia che cazziò un giovane italiano per non avergli passato la palla. Quello ero io. Dice che i miei occhi lo sfidarono. Io non ricordo nulla: ero in trance agonistica. Volevo fare carriera, a ogni costo»

LA TENTAZIONE DI MOLLARE«Tante volte. Ma non l’ho mai detto a nessuno. Non volevo perdere. Dovevo essere io a decidere quando fermarmi. Anche dopo tutti quegli infortuni, sono sempre tornato. Alla fine ho smesso a 36 anni, con le mie ultime 5 partite alla Spal. L’ho deciso io»

COSA RESTA OGGI«Le difficoltà ti formano. Mio padre mi ha preparato alla vita, mi ha reso pronto. La sofferenza del Pepito adolescente è servita al Pepito uomo per superare tutto il resto»

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