Calcionews24
·30. Mai 2025
Pandev e il tempo sospeso prima del trionfo: «Verso la finale del Triplete non passava mai, ma sentivamo di vincere. Stesse vibrazioni per l’Inter contro il PSG: sono convintissimo»

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Goran Pandev, l’attaccante macedone, è stato una figura cruciale, sebbene talvolta sottovalutata, nella storica stagione 2009-2010 dell’Inter, culminata con la conquista del leggendario Triplete: Scudetto, Coppa Italia e UEFA Champions League. Arrivato nel mercato di gennaio 2010 dalla Lazio, Pandev si è rapidamente integrato negli schemi tattici di José Mourinho, offrendo un contributo significativo in termini di duttilità offensiva e sacrificio. La sua importanza non risiede tanto nel numero esorbitante di gol, quanto nella sua capacità di adattarsi a diversi ruoli dell’attacco, agendo spesso da ala o da seconda punta a supporto di Diego Milito e Samuel Eto’o. Questa flessibilità ha permesso a Mourinho di variare l’assetto offensivo della squadra, mantenendo un elevato livello di pericolosità. In Serie A, Pandev ha collezionato 19 presenze e 3 gol, spesso entrando a partita in corso o partendo titolare in incontri delicati, contribuendo con la sua esperienza e la sua intelligenza tattica alla solidità del percorso che ha portato l’Inter al titolo nazionale. Anche in Coppa Italia il suo apporto è stato tangibile. Sebbene non abbia segnato nelle due presenze registrate, la sua partecipazione, inclusa la presenza in panchina nella finale vinta contro la Roma, testimonia la sua importanza all’interno della rosa. Ma è forse in Champions League che il suo contributo, seppur con zero reti in sei apparizioni, è stato tatticamente prezioso. La sua disponibilità al sacrificio in fase di non possesso e la sua capacità di creare spazi per i compagni sono state fondamentali, in particolare in partite cruciali come la semifinale di andata contro il Barcellona e la finale di Madrid contro il Bayern Monaco, dove è partito titolare, dimostrando la fiducia che Mourinho riponeva nelle sue qualità. La sua esperienza europea e la sua intelligenza calcistica si sono rivelate un valore aggiunto per una squadra che puntava all’impresa. Ecco cosa ha dichiarato oggi a La Gazzetta dello Sport alla vigilia della finale Psg-Inter.
TROPPA TENSIONE PRIMA DI UNA FINALE – «No, il contrario. Il tempo proprio non ti passa perché vorresti scendere in campo subito. Giorni, ore, tutto procede troppo lentamente rispetto alla voglia di giocare e di vincere la coppa. Per la mia Inter andò così, sono sicuro che le stesse cose oggi le vivono Lautaro e compagni».LA STAGIONE DEL TRIPLETE – «Incredibile. Iniziai la stagione fuori rosa alla Lazio, e a maggio ero campione d’Europa con l’Inter, il club che mi ha portato in Italia e a cui devo tutto. Quando arrivai a gennaio capii subito che saremmo potuti arrivare in cima all’Europa: sapevamo di essere fortissimi. Sensazioni che sono cresciute fino alla finale. Mourinho ci portò a Madrid un paio di giorni prima, vennero anche le nostre famiglie, il clima era sereno, si respirava un’aria speciale. Il Bayern era una signora squadra ma io sentivo che avremmo vinto, non mi era mai successo prima e non mi è più successo dopo. Anzi, mi correggo: anche se non gioco più e non vivo lo spogliatoio dell’Inter di oggi, avverto le stesse vibrazioni positive. Domani batteranno il Psg, ne sono convintissimo».