Modric, De Bruyne e Dzeko: la Serie A sceglie la nostalgia e l’usato garantito | OneFootball

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·4. Juni 2025

Modric, De Bruyne e Dzeko: la Serie A sceglie la nostalgia e l’usato garantito

Artikelbild:Modric, De Bruyne e Dzeko: la Serie A sceglie la nostalgia e l’usato garantito

In Serie A le squadre scelgono l’usato garantito, l’esperienza e l’effetto nostalgia: Modric, De Bruyne e Dzeko; intanto i giovani…

Reijnders ha salutato Milano, Kvaratskhelia è diventato Campione d’Europa lontano da Napoli. In Italia i talenti brillano per poco, mentre gli over 30 vengono accolti con entusiasmo da trionfo assicurato. Nel 2025/26 Luka Modric vestirà rossonero, Kevin De Bruyne guiderà il centrocampo del Napoli campione, Edin Dzeko è conteso da Bologna e Fiorentina. Cosa li accomuna? Oltre a una k nel nome o nel cognome e a carriere decorate di trofei, soprattutto la carta d’identità. De Bruyne compirà 34 anni a fine giugno, Dzeko andrà per i 40 a marzo, Modric li festeggerà a settembre. Sono i nuovi totem della Serie A, campionato che sembra preferire le storie da tramonto romantico alle scommesse sul futuro. Nessuno mette in discussione il valore tecnico e umano di De Bruyne e Modric: due leggende viventi, due registi che hanno ridisegnato il ruolo, portando Manchester City e Real Madrid nell’olimpo europeo. Ma il fatto che la Serie A si affidi sistematicamente a stelle al crepuscolo dice molto del suo orizzonte.

C’è un evidente fascino per il nome, per il ricordo, per l’icona. Dzeko? “Usato sicuro”, dopo aver trascinato Roma e Inter. Modric? L’ennesimo ex Real Madrid a cui affidare i ritmi del centrocampo. De Bruyne? Un colpo da titolo, ma anche una scommessa fisica, considerando gli ultimi infortuni. Nel frattempo, chi prova a emergere – vedi Reijnders – è pronto a fare le valigie, spesso senza lasciare segni indelebili. E chi invece esplode, come Kvaratskhelia, rischia di andarsene nel pieno della carriera per vincere altrove. Il dato è chiaro: in Serie A si costruisce poco e si raccoglie tardi. I club preferiscono l’usato garantito, magari per vincere subito o per tenere alto il morale della piazza. I giovani? Fanno panchina, oppure rendono bene per due stagioni prima di volare in Premier o in Bundesliga. Il caso dei tre “vecchi” illustri ne è la prova. Il calcio italiano continua ad alimentarsi di nomi, di curriculum, di memoria. Una scelta comprensibile, forse inevitabile. Ma che rischia di allontanare sempre più la Serie A da un modello virtuoso e sostenibile. Finché i fuoriclasse resteranno attratti dal nostro calcio, sarà facile esultare. Ma quanto durerà?

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