Leandro Castán, il tumore, la rinascita e il dolore mai dimenticato: “Spalletti mi umiliò, ma ho scelto di vivere” | OneFootball

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·19. Juli 2025

Leandro Castán, il tumore, la rinascita e il dolore mai dimenticato: “Spalletti mi umiliò, ma ho scelto di vivere”

Artikelbild:Leandro Castán, il tumore, la rinascita e il dolore mai dimenticato: “Spalletti mi umiliò, ma ho scelto di vivere”

C’è un istante nella vita di Leandro Castán in cui tutto cambia per sempre. Non si tratta di una finale, né di una decisione in campo. È il 13 settembre 2014, stadio Castellani di Empoli. Una sera apparentemente ordinaria.

Leandro Castán, il tumore, la rinascita e il dolore mai dimenticato: “Spalletti mi umiliò, ma ho scelto di vivere”

Il difensore brasiliano è titolare con la Roma, ma all’intervallo chiede il cambio per un fastidio muscolare. Niente di allarmante, all’apparenza. Invece, come lui stesso racconterà anni dopo, “in quei 15 minuti è finita la mia carriera. È morta una parte di me.”


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La scoperta del tumore: l’inizio di un incubo Nel pieno della sua maturità sportiva, a 27 anni, Castán è uno dei pilastri della Roma di Rudi Garcia e un difensore affermato anche in ottica Seleção. Ma nei giorni successivi a quella partita, inizia un calvario inspiegabile: forti giramenti di testa, vomito frequente, un dimagrimento repentino di 20 kg. I medici parlano genericamente di infiammazioni, ma nessuno riesce a spiegare cosa stia accadendo.

Fino al colpo più duro: la diagnosi arriva per caso, via Twitter. Castán legge il proprio nome associato a una notizia sconvolgente: ha un tumore al cervello. Solo in seguito i medici confermeranno la presenza di un cavernoma cerebrale, una malformazione vascolare potenzialmente letale. Le opzioni sono due, entrambe drastiche: ritirarsi immediatamente o affrontare un intervento al cervello.

All’inizio rifiuta l’operazione. “Avevo paura di non svegliarmi più”, ammetterà anni dopo. Ma due eventi lo spingono a reagire: la scoperta della seconda gravidanza di sua moglie e una partita della Roma vista in tv. Non riesce a trattenere le lacrime, ma qualcosa si accende in lui: “Avevo un buco dentro, e volevo riempirlo”.

L’operazione e la rinascita difficile Castán decide di operarsi. L’intervento riesce, ma la riabilitazione è lunga, dolorosa e incerta. Camminare, bere, afferrare oggetti: tutto richiede forza, costanza e disciplina. Ma l’ex centrale della Roma non è solo. A sostenerlo c’è la sua famiglia, i compagni di squadra e soprattutto il club, che gli rinnova il contratto, copre tutte le spese mediche e lo accompagna nel percorso. “Mi hanno trattato come un figlio”, dirà. Sabatini, De Rossi, Alisson, Maicon, perfino Baresi e Del Piero gli scrivono: “Quel calore non lo dimenticherò mai”.

Il ritorno a Trigoria e l’amarezza con Spalletti Dopo mesi di riabilitazione, Castán torna a Trigoria determinato a riprendersi il suo posto. Ma qualcosa è cambiato. Luciano Spalletti è tornato sulla panchina della Roma, e l’accoglienza non è quella sperata. “Mi disse che non ero più quello di prima. Mi mostrò la formazione del Frosinone e fece capire che non facevo parte del progetto”, racconta con amarezza.

Quello che per Castán era il sogno del ritorno, si trasforma in umiliazione. “Ho pianto. Avevo rischiato la vita, e venivo trattato così”. Ma anche questo diventa un punto di svolta. “Mi sono promesso che, ovunque sarei andato, avrei camminato a testa alta”.

Una nuova vita: dal Brasile alla panchina Lascia la Roma. Prova a rilanciarsi con il Torino, poi a Cagliari, infine torna in patria: Vasco da Gama, Guarani. Non tornerà mai quello di prima, ma diventa qualcosa di più: un uomo nuovo, sopravvissuto a una sfida che va oltre il calcio.

Oggi, a 38 anni, Leandro Castán sorride. Sta studiando per diventare allenatore, vuole trasmettere la sua storia ai giovani. Ha trovato nella fede e nella psicologia nuove vie per affrontare la vita. Non è più solo un ex calciatore, è un padre, un marito, un uomo che ha conosciuto il dolore profondo e lo ha trasformato in forza.

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