Calcio e Finanza
·17. Mai 2025
La sostenibilità sociale e ambientale diventa necessaria per giocare le coppe. Il nostro reportage dal summit UEFA di Zurigo

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·17. Mai 2025
La sostenibilità nel senso più ampio del termine, da quella economica a temi legati all’eguaglianza sociale e all’inclusione sino a quella ecologica e ambientale, è stata al centro dell’UEFA Respect Forum 2025 che si è tenuto allo Stadio Letzigrund di Zurigo alla presenza di oltre 260 partecipanti tra professionisti del settore, manager appartenenti a confederazioni, club, federazioni, leghe e istituzioni mondiale (Nazioni Unite) ed europee, sponsor commerciali, organizzazioni non governative e media.
Va precisato sin da subito che non si è trattato di una kermesse in cui grandi personalità (tra i presenti c’era anche l’ex primo ministro italiano Enrico Letta) discutono di problemi un po’ lontani da quelli con i quali i tifosi e le società calcistiche europee convivono quotidianamente.
Questo perché per l’UEFA la sostenibilità è un concetto tremendamente concreto, avendo conseguenze dirette immediate su tutti gli stakeholder che insieme stanno costruendo una comunità specializzata che sta investendo e spingendo su temi che possono avere un ruolo fondamentale per avere un impatto positivo sulla società civile.
In pratica i club, per ottenere la licenza UEFA per la stagione 2025/2026 (e quindi poter disputare le coppe europee), hanno dovuto nominare un Sustainability Manager per supervisionare l’implementazione delle politiche e delle misure di sostenibilità, oltre a sviluppare una strategia di sostenibilità con obiettivi chiari, KPI e target misurabili al 2030.
A guidare le operazioni durante dell’UEFA Respect Forum 2025 c’era Michele Uva, manager che dopo una carriera iniziata nella pallavolo (è stato anche presidente della Lega Pallavolo femminile) e proseguita poi nel calcio con ruoli prima nei club (Parma e Lazio) e poi nelle istituzioni dalla FIGC alla Serie A, è dal 2021 il direttore della divisione per la sostenibilità della UEFA. E nel suo discorso iniziale Uva ha posto l’enfasi sulla necessità di accelerare per includere i principi della sostenibilità nel DNA del calcio europeo.
Michele Uva (foto UEFA)
Anche perché c’è più di un lato non trascurabile nell’adozione di politiche di sostenibilità, come hanno spiegato sia la vicepresidente della UEFA Laura McAllister sia Cristina Saccà, senior vice-president europea di Mastercard per il consumer marketing e le sponsorizzazioni, i partner commerciali e le aziende sono sempre più interessati nel collaborare con le istituzioni (sportive e non) per individuare valori comuni in questo campo, evidenziando così la rilevanza strategica crescente della sostenibilità.
L’evento è poi proseguito ascoltando le best practice sul tema di altre grandi organizzazioni sportive o istituzioni, in particolare negli interventi di Ellen Jones, responsabile ESG della Formula 1, di Annie Horn, direttrice della social responsibility and sustainability della NBA, oltre che di Lindita Xhaferi-Salihu, Business Engagement Lead presso l’UN Climate Change. Non ultimo ha parlato Filippo Veglio, responsabile del team diretto da Uva per la sostenibilità in UEFA, il quale ha spiegato, come sopra citato, che per l’UEFA la sostenibilità è un percorso concreto che gira interno a una strategia chiara.
Oltre alla nomina obbligatoria di un Sustainability Manager, per le federazioni e i club, dalla stagione 2025-26 le società per poter partecipare alle coppe europee hanno dovuto creare una strategia in particolare su cinque aree, ciascuna delle quali accompagnata da una politica specifica per garantire la corretta implementazione. Queste sono:
Il clou della due giorni zurighese però sono stati i cosiddetti tavoli di lavoro, ovvero gruppi da circa dodici persone in cui i delegati hanno discusso per un intero pomeriggio con il compito di pervenire a delle proposte in merito ad uno specifico argomento.
Nello specifico i 17 tavoli avevano come tema:
In particolare Calcio e Finanza ha avuto l’onore di essere invitata a partecipare a un tavolo che affrontava uno dei temi più delicati del calcio moderno, ovvero quello del razzismo e delle discriminazioni all’interno del mondo del pallone in Europa. A conferma ulteriore che anche per la UEFA le dinamiche legate alla sostenibilità finanziaria, sociale e ambientale del calcio servono per rendere il nostro sport più solido e motore positivo e propositivo di cambiamento. E in virtù di basi economiche solide la forza dello sport più popolare del pianeta può aiutare nel combattere problemi enormi e sfide epocali quali appunto quelle di tutte le forme di discriminazioni a partire a quelle di etnia e di genere.
Il tavolo era presieduto da Piara Powar, direttore esecutivo di FARE (Football Against Racism in Europe), coadiuvato da Presilia Mpanu-Mpanu (UEFA SES Expert) e oltre a chi scrive includeva:
Piara Powar (foto UEFA)
All’interno del tavolo i principali temi discussi sono stati diversi.
Si è iniziato dal cercare di capire quali siano gli ostacoli nella lotta alla discriminazione evidenziando argomenti quali la mancanza di dialogo e comprensione tra i tifosi, l’isolamento di alcuni di questi (specie se appartenenti a minoranze) nei confronti di un gruppo dominante, la mancanza di empatia e il coinvolgimento politico.
Di qui si è passato a parlare di come usare il calcio quale strumento di cambiamento sociale. Evidenziando l’influenza di giocatori simbolo di una determinata squadra all’interno delle comunità locali. Un esempio in questo senso è il notevole contributo che le gesta di Mohamed Salah sta dando in termini di immagine per la comunità nordafricana inglese e di Liverpool in particolare. Senza dimenticare la formazione dei calciatori stessi, i quali poi potranno essere utilizzati come simboli delle lotte alle discriminazioni e le responsabilità dei club.
Un ulteriore tema è stato quello relativo al modo di coinvolgere tifosi e appassionati su questi argomenti e quindi la responsabilizzazione dei fan, insegnare l’etica e promuovere l’inclusività sia dentro che fuori dal campo.
Presilia Mpanu-Mpanu (foto UEFA)
In questo contesto sono state identificate tre sfide.
La prima verte su come rimuovere gli ostacoli all’azione. Ostacoli che includono per esempio la mancanza di esperienza vissuta con persone appartenenti a minoranze, il tribalismo nel calcio e soprattutto nelle curve oltre a come prevenire gli incidenti al di fuori del controllo dei club.
La seconda sfida identificata è stata quella relativa all’uso del calcio per il cambiamento sociale: ovvero la necessità di un uso consapevole dell’influenza del calcio, il ruolo dei giocatori e dei club e l’importanza dell’educazione. Infine, ma non certo da ultimo, il coinvolgimento dei tifosi: il potere dei tifosi di controllare le narrazioni, il ruolo degli ultras e la necessità di responsabilità e di presa di coscienza delle minoranze del proprio potere.
Di qui i tre punti chiave emersi dalle discussioni:
Il giorno successivo il convegno si è aperto con l’intervento dell’ex primo ministro italiano Enrico Letta, ora presidente dell’Istituto Jacques Delors nonché rettore di una delle più importanti Università europee, l’IE School of Politics, Economics and Global Affairs.
L’ex premier ha fatto notare come il calcio sia una grande risorsa anche di potere culturale per l’Europa sia per le sue sfide interne (tra le altre l’immigrazione e la discriminazione delle minoranze) ma anche come veicolo di esportazione dei valori del Vecchio continente nel resto del mondo.
Enrico Letta (foto UEFA)
Un mondo per altro che nei confronti per esempio degli anni sessanta del secolo scorso (quelli del boom per intenderci) vede la popolazione del Vecchio continente diminuire più che proporzionalmente. Nel senso che non solo alcune nazioni europee stanno andando incontro a un declino demografico, ma anche che sicuramente in un mondo che negli ultimi decenni ha visto la popolazione complessiva crescere notevolmente, i cittadini europei sono molti meno considerando l’aumento della popolazione asiatica e africana.
Di qui il richiamo alla necessità per le nazioni europee di agire unite di fronte ai grandi colossi della geopolitica mondiale. E in questo quadro nulla come la passione per il calcio unisce le varie anime del continente.
Dopodiché, oltre alla presentazione dell’Europeo femminile 2025 che avrà luogo proprio in Svizzera e alla sua strategia ESG,la UEFA ha lanciato la nuova piattaforma FootbALL che tramite una applicazione dedicata e il web creerà un contenitore che fornirà notizie, programmi, eventi e video legati ai temi sociali
Si è quindi è passati alla premiazione dei FootbALL Award. I vincitori sono stati scelti dal UEFA Steering Group per i Diritti Umani composto da Alessandro Costacurta, Paul Elliott, Ronan Evain, Darren Lewis, Thomas Hitzlsperger, Levan Kobiashvili, Mbo Mpenza, Nadia Nadim, Barbara Stefanelli, Bibiana Steinhaus e Patrick Vieira.
E i premiati sono stati:
(foto UEFA)
L’evento è poi terminato con le parole del padrone di casa Michele Uva il quale ha fatto notare come il Respect Forum sia stato un evento che ha dimostrato come la comunità calcistica, senza esclusioni, possa continuare a essere una forza trainante per un cambiamento positivo nella nostra società. «Il Forum è stato un laboratorio collaborativo di idee, soluzioni e alleanze, e un’importante testimonianza del fatto che la sostenibilità non è solo un concetto astratto, ma un impegno concreto: un impegno a sfruttare la portata globale e la popolarità del calcio per promuovere equità, uguaglianza, protezione, inclusività e unità», ha spiegato Uva, ringraziando tutti i 260 partecipanti. «La loro presenza riflette la ricchezza e la diversità dell’ecosistema calcistico e il nostro impegno comune a plasmarne il futuro in modo responsabile», ha proseguito il manager della UEFA alla conclusione dei lavori.
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