Pagine Romaniste
·16. März 2025
Come Claudio comanda

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Il Messaggero (A. Angeloni) – C’è stato un giorno intero per ripensarci e capire che forse quell’espulsione di Hummels, dopo appena undici minuti, fosse un po’ esagerata, al contrario di quanto pensato, e dichiarato, dopo il fischio finale di Turpin. È l’incipit di Claudio Ranieri nella conferenza della vigilia della sfida contro il suo Cagliari e il Bilbao ormai è alle spalle. Tanti errori sono stati commessi al San Mamès e in alcuni, l’arbitro era incolpevole. I toni sono garbati, ma il tecnico mette i puntini sulle “I”, su vari temi: “Non avevo visto bene la dinamica, non c’erano tutti i parametri per definirla una chiara occasione da gol. Si poteva dare il giallo a Hummels e nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Ma uno come Turpin lo vorrei sempre”. Ranieri va avanti, resta l’ultimo segmento della stagione, nel quale la Roma si gioca la possibilità – senza mai poter sbagliare – di salire sul treno per l’Europa, che ha appena lasciato, con un sogno-utopia di tornare in Champions.
Ci sono una serie di questioni aperte e qualche situazione legata ai calciatori, da chiarire. Ad esempio: perché sono un po’ spariti dai radar e parliamo di gente che fino a ieri era stata determinante, come Saelemaekers, Koné, Pellegrini? Sembra quasi una sorta di scrematura per il futuro, che sappiamo in mano di Ranieri, ora come allenatore e poi come dirigente, lui uomo designato all’ultimo consiglio per il nuovo allenatore. La risposta al quesito non è stizzita, ma Claudio fa capire chi comanda e che le scelte le fa lui, al di là dei musi lunghi. Scelte che diventano esami, da qui in avanti. “Capisco che queste (certe esclusioni, ndr) per voi siano notizie, ma per me no. A Bilbao avevo bisogno di determinati giocatori, poi la strategia è saltata. Sono tutti nella mia testa per fare forte la Roma. Non c’è nessun problema”.
Più severo, invece, con Dovbyk. “Da lui mi aspetto tanto, deve reagire, deve far vedere che giocatore è. Credo in lui, ma lui deve credere in noi. Che significa quel “crede-re in noi”? Che noi abbiamo un modo di giocare aggressivo. E a lui ho detto ‘tu pensi al gol, io penso alla prestazione. Se non fa una buona prestazione e non fa gol, allora comincio a pensare (male? ndr). Ma se non mi dai né prestazione, né gol, mi lasci con l’amaro in bocca. Lui deve lottare, come tutti gli altri. Si è arreso? Non voglio crederci, me lo deve dimostrare. Poi se si arrende io ho altri venticinque giocatori da mandare in campo”.
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