Inter News 24
·9. Mai 2025
Caso Joao Mario, i motivi della vittoria in tribunale dell’Inter sullo Sporting: i documenti e le motivazioni del TAS

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·9. Mai 2025
Nei giorni scorsi è stato definitivamente archiviato il caso Joao Mario. La vicenda giudiziaria si è conclusa con l’ennesima vittoria al tribunale del TAS dell’Inter sullo Sporting Lisbona. Calcio e Finanza entra nei dettagli dopo aver consultato o documenti ufficiali.
CASO JOAO MARIO – «Nei giorni scorsi l’Inter ha ottenuto un altro importante successo, questa volta fuori dal campo. Il Tribunale Arbitrale dello Sport di Losanna ha rigettato il ricorso tramite il quale lo Sporting Lisbona richiedeva ai nerazzurri il pagamento di 30 milioni di euro, come risarcimento per il trasferimento del calciatore Joao Mario al Benfica. Secondo lo Sporting Lisbona, l’Inter aveva violato una clausola contrattuale sul trasferimento del centrocampista. Clausola che era stata prevista nell’intesa tra i due club che portò il giocatore a trasferirsi a Milano nel 2016. Ma il TAS ha dato ragione alla società nerazzurro: ecco le motivazioni dietro la sentenza».
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA – «Facendo un salto indietro nel tempo, come si legge nei documenti ufficiali del TAS che Calcio e Finanza ha consultato, il rapporto tra Joao Mario e l’Inter inizia nell’estate del 2016, quando il giocatore si trasferisce in nerazzurro per 40 milioni di euro (di cui 20 milioni pagati dal club subito e altri 20 entro il luglio 2017), con un accordo per il giocatore fino al 2021 che valeva 5,095 milioni lordi (2,75 milioni netti) per la prima stagione e 5,56 milioni lordi (3 milioni netti) per le successive quattro stagioni (nel 2019 tuttavia rinnovò per un ulteriore anno, fino al 30 giugno 2022, con un ingaggio da 4,6 milioni lordi (2,5 netti). L’accordo conteneva una clausola controversa di diritto di prelazione, secondo la quale, nel caso in cui l’Inter avesse ricevuto «un’offerta scritta per il trasferimento (in prestito o a titolo definitivo) del calciatore» da un altro club affiliato alla Federcalcio in Portogallo, l’Inter era obbligata a informare per iscritto lo Sporting dell’offerta e a permettere allo Sporting di esercitare il diritto di prelazione per acquisire il calciatore.
Lo Sporting sosteneva che l’Inter avesse eluso questo diritto quando ha accettato di comune accordo la risoluzione del contratto che la legava a Joao Mario nel luglio 2021, e il calciatore si è successivamente trasferito a titolo gratuito al Benfica, un altro club calcistico professionistico affiliato alla FPF. Lo Sporting ha affermato che l’Inter abbia deliberatamente strutturato le modalità del trasferimento per evitare il pagamento di una somma di 30 milioni di euro prevista dalla clausola 2.7 dell’intesa, accusa sempre respinta dai nerazzurri».
LA DECISIONE DEL TAS E LE SUE RAGIONI – «Sulla base delle argomentazioni presentate dalle due parti, il TAS ha respinto il ricorso dello Sporting Lisbona e ha stabilito che l’Inter non fosse tenuta a pagare i 30 milioni di euro previsti dalla clausola 2.7 del contratto di trasferimento.
Secondo l’organismo, questa decisione si è basata sul fatto che la clausola 2.7 non fosse autonoma, ma strettamente connessa alla clausola 2.6, che riguarda il diritto di prelazione. La condizione per attivare il pagamento (30 milioni) si sarebbe quindi verificata solo se l’Inter avesse ricevuto un’offerta scritta da un club affiliato alla FPF (Federação Portuguesa de Futebol), cosa che non è avvenuta.
Non ci sono prove che l’Inter abbia ricevuto un’offerta scritta da parte del Benfica. Secondo il TAS, l’Inter ha risolto il contratto con Joao Mário, il quale è poi passato al Benfica da free agent, e non tramite un trasferimento “effettivo” nel senso previsto dalle clausole contrattuali.
Lo Sporting ha sostenuto che l’Inter avrebbe agito in malafede, orchestrando la risoluzione contrattuale per eludere la clausola. Tuttavia, il TAS non ha ritenuto credibile questa tesi e ha affermato che non c’è evidenza che l’Inter abbia ricevuto vantaggi o compensazioni per il trasferimento del giocatore al Benfica.
Il Panel ha qualificato inoltre la clausola 2.7 come una “penalty clause” ai sensi del diritto svizzero (art. 160 ss. SCO) e non come una condizione sospensiva soggetta alla regola della “finzione di avveramento” (art. 156 SCO). Pertanto, il principio secondo cui una condizione è considerata avverata se la parte obbligata la impedisce in malafede non si applica.
Il Panel ha riconosciuto che la clausola 2.7 è mal redatta e contiene ambiguità. Tuttavia, ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per sostenere che le parti avessero inteso legare il pagamento dei 30 milioni al semplice trasferimento del giocatore a un altro club portoghese, senza passare da un’offerta scritta».