Inter News 24
·18. August 2025
Benitez sicuro: «Per lo scudetto è sfida a due tra Napoli ed Inter, questo calciatore sposterà gli equilibri»

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·18. August 2025
Un “señor” della panchina, un allenatore che ha vinto ovunque, lasciando un’impronta indelebile anche in Italia con Napoli e Inter. Rafa Benitez, dalla sua casa di Madrid, non smette di studiare, di analizzare, di “divorare” calcio. Con la Serie A ormai alle porte, l’esperto tecnico spagnolo ha concesso una lunga e lucida intervista a La Gazzetta dello Sport, offrendo la sua prospettiva unica sulla lotta al vertice. Per lui, il campionato che sta per iniziare ha già due grandi favorite, protagoniste di un “derby del cuore” che lo lega a un passato di trionfi e di emozioni. Dalla consacrazione di Conte alla magia di De Bruyne, passando per le incognite di Milan e Juventus, Benítez disegna la mappa di una Serie A che si preannuncia più combattuta che mai.
LE FAVORITE PER LO SCUDETTO – «Probabilmente, la solita sfida tra Napoli e Inter. In questo momento, quando mancano una o due settimane alla chiusura del mercato, mi sembrano le squadre più complete. Qualche altro colpo potrebbe modificare lo scenario alle spalle di queste due grandi, che comunque restano le protagoniste annunciate».PIÙ NAPOLI O PIÙ INTER? – «Chi vince lo scudetto si ritrova sempre indicato come favorita, quasi per legge. Ed è giusto, anche in considerazione degli investimenti che hanno allungato l’organico di Conte. Però non bisogna dimenticare che per un anno intero quasi tutti abbiamo indicato l’Inter come una superpotenza. Il valore dei calciatori non si è modificato. Però Conte ha dodici mesi di suo alle spalle e ha saputo intervenire dove riteneva opportuno».LA SFIDA (QUASI) ALLA PARI – «Un leggero vantaggio va assegnato al Napoli, per le cose che sappiamo: perché ha vinto ed è giusto; perché ha ancora Conte in panchina e ciò diventa obbligatoriamente un fattore; perché ha un’idea forte dal punto di vista calcistico e lo sta confermando con il mercato, pieno di scelte condivisibili. E poi c’è la continuità, un gruppo di sette-otto atleti che erano già in maglia azzurra con Spalletti. Sarà Napoli-Inter comunque».L’IMPATTO DI DE BRUYNE – «Siamo al cospetto di un centrocampista di rara intelligenza. È un uomo in grado di fare la differenza. Ha una personalità dominante, diventerà il riferimento certo di una squadra alla quale la personalità non è mai mancata, ereditata da un allenatore che sa come si vince».COSA MANCA ALL’INTER DI CHIVU – «È complicato calarsi all’interno di una squadra senza farne parte. Ma la struttura dell’Inter è potente, l’attacco ha una sua consistenza internazionale. E poi sono state indirizzate operazioni in prospettiva: lo è Bonny, per esempio, che alle spalle di Lautaro e di Thuram può solo imparare in fretta».LE DIFFICOLTÀ DEL MILAN – «Il Milan ha la storia che parla per sé e un allenatore, Allegri, che ha riempito un’era in Italia con i suoi trionfi. Ha perso Reijnders e Theo Hernandez, dal punto di vista tecnico e caratteriale sono assenze che si avvertono. Però c’è Modric e per lui – classe cristallina – vale il discorso fatto per De Bruyne: ci possono essere pregiudizi, ripensando all’età dell’uno e dell’altro, ma ci sono calciatori che grazie al talento sanno sopperire eventualmente a qualche limite atletico lasciando correre il pallone».LA JUVENTUS – «Vive un periodo di transizione, evidentemente, ma avendo un organico di rispetto. Un anno fa ha perso Bremer subito, non ha mai avuto il vero Koopmeiners, ha quindi dovuto rinunciare a figure carismatiche. Li ritrova entrambi e però ha bisogno di completarsi. Lo farà, perché un club del genere non si lascia condizionare. E fino al 31 agosto qualcosa succederà».LA SQUADRA CHE LO STUZZICA – «La Roma di Gasperini, indubbiamente. Ritrovarsi un allenatore del genere, porta benefici, e non bisogna poi ignorare la presenza di Claudio Ranieri. L’Atalanta di Gasp è stata un modello europeo e il suo lavoro ha consentito risultati insospettabili. Certo, la ricostruzione ha bisogno di tempo che non è semplice accorciare, ma è chiaro che la statura dell’architetto finisce per diventare centrale».