Calcionews24
·14. Juni 2025
Auckland City, guida completa alla squadra: storia, giocatore chiave, giovane talento e allenatore

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L’Auckland City è inserito nel girone C del Mondiale per Club insieme ad Boca Junior, Bayern Monaco e Benfica.
L’Auckland City Football Club è un’anomalia affascinante nel panorama del calcio globalizzato. Fondato solo nel 2004, non è un club con una lunga tradizione, ma un’entità nata da un’esigenza pratica: creare una squadra abbastanza forte da poter competere e vincere la OFC Champions League, il torneo continentale dell’Oceania. Missione compiuta, si potrebbe dire, visto che i Navy Blues (i Blu Marino) hanno instaurato un dominio quasi tirannico, vincendo il trofeo un numero record di volte e diventando i rappresentanti quasi esclusivi della loro confederazione sul palcoscenico mondiale. La loro storia è quella di un gigante in un contesto calcistico piccolo, quello neozelandese, che li rende automaticamente dei pesci minuscoli quando si affacciano nelle acque internazionali del Mondiale per Club.
La vera essenza dell’Auckland City risiede nella sua natura semi-professionistica, un concetto quasi alieno nel calcio di vertice. Per anni, la rosa è stata composta da un mix di pochi professionisti a tempo pieno e una maggioranza di giocatori con un “day job“, un lavoro quotidiano. Immaginate la scena: un avvocato, un muratore, un commesso e uno studente universitario che si allenano la sera, dopo una giornata di lavoro, per poi prendere un aereo e andare a marcare i multimilionari del Real Madrid o del Bayern Monaco. Questo dualismo ha sempre generato aneddoti incredibili. Il difensore spagnolo Ángel Berlanga, una leggenda del club, per anni ha lavorato come commesso in un negozio di abbigliamento di Auckland. Storie come la sua definiscono l’ethos del club: umiltà, sacrificio e un amore per il giocoche va oltre la fama e il denaro. Questa natura “operaia” è la loro forza e il loro limite, ciò che li rende simpatici a tutti ma, al tempo stesso, strutturalmente incapaci di competere alla pari con le superpotenze. Una “cosa che non puoi sapere” è che, nonostante il loro dominio, il calcio in Nuova Zelanda resta uno sport di secondo piano, molto meno seguito del rugby. L’Auckland City vive quindi in un paradosso: è un club di fama mondiale (per le sue continue partecipazioni al torneo) ma con un seguito locale relativamente modesto.
Nathan Lobo è il simbolo della nuova generazione dei Navy Blues: un giocatore moderno, dinamico e con un profilo internazionale. Terzino sinistro di grande spinta, Lobo è uno degli elementi chiave nel sistema di gioco di Albert Riera, unendo disciplina tattica a una notevole qualità in fase di spinta. La sua crescita è stata costante, tanto da renderlo un titolare inamovibile sulla corsia mancina e uno dei giovani più interessanti del calcio neozelandese.
La sua storia è quella di un talento globale: nato e cresciuto in Nuova Zelanda da genitori di origine indiana, ha avuto anche un’esperienza formativa nel calcio universitario statunitense con i Seattle University Redhawks, prima di tornare e imporsi definitivamente con la maglia dell’Auckland City. Questa varietà di esperienze ha forgiato un giocatore maturo e versatile.
Nathan Lobo è un terzino sinistro completo. Dotato di un’ottima capacità di corsa, è in grado di percorrere tutta la fascia per 90 minuti, garantendo un apporto costante sia in fase difensiva che offensiva. Il suo piede mancino è educato, capace di sfornare cross precisi per gli attaccanti. È un giocatore aggressivo in marcatura ma corretto, e la sua velocità gli permette di essere efficace nel recuperare la posizione. Nonostante il ruolo di difensore, partecipa attivamente alla costruzione del gioco, dialogando con i centrocampisti e offrendo sempre una soluzione di passaggio sicura. Ha rappresentato la Nuova Zelanda a livello giovanile (U23), confermando di essere uno dei prospetti più validi del paese nel suo ruolo. Al Mondiale per Club, il suo duello sulla fascia contro gli esterni di Bayern, Boca e Benfica sarà un test fondamentale per misurare le sue qualità a livello globale.
All’interno della rosa dell’Auckland City, ricca di veterani e giocatori di grande esperienza nel contesto oceanico, Nathan Garrow rappresenta uno dei volti più giovani e promettenti. È un portiere che si sta facendo strada nel competitivo ambiente del club, con l’obiettivo di diventare il titolare del futuro e l’erede dei portieri che lo hanno preceduto.
La sua carriera si è sviluppata interamente in Nuova Zelanda, passando attraverso club come Manukau United, Bay Olympic e Auckland United, prima di compiere il grande passo e unirsi ai dominatori del calcio oceanico. La sua inclusione nella rosa per il Mondiale per Club 2025 è un’enorme opportunità di crescita e un segnale della fiducia che il club ripone nelle sue capacità, offrendogli la possibilità di allenarsi e misurarsi con alcuni dei migliori attaccanti del pianeta.
Nathan Garrow è un portiere che unisce una buona struttura fisica a riflessi notevoli. Nonostante la giovane età, dimostra una discreta sicurezza nelle uscite e una buona reattività tra i pali. Il suo percorso nelle massime competizioni neozelandesi e nella OFC Champions League lo sta forgiando, permettendogli di accumulare esperienza preziosa in partite ad alta pressione. Il suo ruolo nel Mondiale per Club sarà probabilmente quello di secondo o terzo portiere, ma l’esperienza di far parte di un evento di tale portata sarà fondamentale per il suo sviluppo. Lavorare a stretto contatto con l’allenatore Albert Riera e con compagni più esperti gli permetterà di accelerare il suo processo di maturazione tecnica e mentale, preparandolo a raccogliere in futuro l’eredità della porta dei Navy Blues.
La presenza di un tecnico come Albert Riera sulla panchina dell’Auckland City è un’ulteriore testimonianza dell’unicità del club. Ex calciatore di alto livello, con una carriera che lo ha visto indossare maglie prestigiose come quelle del Liverpool, del Manchester City, del Bordeaux e dell’Udinese, Riera ha portato una cultura del lavoro e una visione tattica tipicamente europee in un contesto completamente diverso. La sua sfida non è solo tecnica, ma culturale: deve plasmare un gruppo di giocatori semi-professionisti secondo i principi del calcio moderno. Sotto la sua guida, l’Auckland City non è più una squadra che si limita a difendersi e lanciare palla lunga. Cerca di costruire dal basso, di mantenere il possesso palla e di applicare un pressing organizzato. Certo, farlo contro dilettanti delle Isole Salomone è un conto, provarci contro il centrocampo del Bayern Monaco è un altro. Riera è un allenatore pragmatico ma coraggioso, che chiede ai suoi di giocare a calcio senza paura, indipendentemente dall’avversario. Il suo lavoro consiste nel preparare la squadra a essere tatticamente perfetta, perché sa che l’organizzazione è l’unica arma che hanno per provare a colmare l’enorme divario tecnico e fisico.
Il Mondiale per Club del 2014, disputato in Marocco, non è solo il punto più alto della storia dell’Auckland City, ma una delle favole più belle del calcio moderno. Partiti, come sempre, da perfetti sconosciuti, i Navy Blues compirono un autentico miracolo. Iniziarono battendo i padroni di casa del Moghreb Tétouan ai rigori. Poi, nei quarti di finale, superarono i campioni d’Africa dell’ES Sétif. In semifinale, si trovarono di fronte il San Lorenzo, campione della Copa Libertadores, resistendo fino ai tempi supplementari prima di cedere. Ma non era finita: nella finale per il terzo posto, contro i messicani del Cruz Azul (campioni CONCACAF), vinsero ancora ai rigori, conquistando una storica medaglia di bronzo. Un gruppo di semi-professionisti sul podio del mondo. Quell’impresa, guidata dal tecnico Ramon Tribulietx, dimostrò che con l’organizzazione, il cuore e un po’ di fortuna, anche i sogni più impossibili possono diventare realtà. Resta un risultato ineguagliato e probabilmente ineguagliabile, il momento in cui i dilettanti d’élite mostrarono al mondo intero di che pasta erano fatti.
In un girone con Bayern, Boca e Benfica, l’obiettivo dell’Auckland City non può realisticamente essere la qualificazione. Il divario è semplicemente troppo ampio. Il loro Mondiale si giocherà su altri traguardi: evitare imbarcate, dimostrare la validità del lavoro tattico di Riera, riuscire a segnare un gol. Una vittoria contro una delle tre grandi sarebbe uno dei più grandi shock nella storia del calcio. Un pareggio sarebbe già un’impresa leggendaria. L’obiettivo più concreto è giocare con dignità, fare esperienza e, magari, approfittare di un eventuale passo falso di una delle big.