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·25. April 2025
25 Aprile, la Storia di Carlo Castellani e dello Stadio di Empoli

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Il nome di Carlo Castellani è legato, indissolubilmente, a quello dell’Empoli. La storia degli azzurri è segnata dalle gesta del calciatore nato a Fibbiana, frazione di Montelupo Fiorentino, il 15 gennaio 1909.
Lo stadio del centro toscano porta, ancora oggi, il suo nome, il quale, a distanza di 81 anni dalla scomparsa, continua a riecheggiare indefessamente tra i corridoi della storia del club.La sua di storia, quella calcistica, riempie le prime pagine proprio ad Empoli. Castellani muove i primi passi in azzurro, esordendo nel 1926.
Da quel momento, sin alla prima interruzione del rapporto con il suo Empoli, raccoglierà ben 49 gol in 78 presenze, con record incredibili come quello del maggior numero di reti in una sola gara, 5, fatto registrare il 6 gennaio 1929 contro il San Giorgio Pistoia.
Per vedere un numero superiore al suo ci vorranno molti anni. Il solido record resterà vivo fino al 2011, quando verrà battuto da un'altra leggenda del club toscano: Ciccio Tavano.
Come le grandi storie d’amore, quella tra Carlo Castellani e l’Empoli avrà un attimo di pausa. Il viaggio non è lungo. Il fenomeno del calcio toscano si sposta di circa 60 km in direzione costa e si stanzia a Livorno.
Questa volta l’impatto è diverso: 52 apparizioni e 3 reti in tre anni, con il passaggio importante nella massima serie. Ancora un cambio nel 1933, da una parte della costa ad un’altra, e questa volta lo spazio di percorrenza è di soli 45 km.
Castellani si trasferisce a Viareggio, dove milita per una sola stagione. Un solo gol e il richiamo di casa. Il ritorno a Empoli, che nel frattempo era stato rinominato Italo Gambaccini, porterà con sé altri 12 gol in 68 presenze.
Poi la guerra. Castellani smette di giocare tra il 1939 e il 1940, proprio mentre l’Italia fascista si prepara al conflitto bellico. Ha trent’anni.
Il pallone smette di rotolare. Il calcio si ferma. Carlo torna a casa e sposa Irma Marradi, dalla quale avrà due figli, Carla e Franco. Il filo rosso, o azzurro per meglio dire, con l’Empoli, resta indissolubile.
L’ex calciatore, nel frattempo culminato a lavorare in un bazar e poi nella segheria di suo padre, continua ad aiutare economicamente la squadra nel limite delle proprie possibilità. L’incredibile svolta della vita, l’equivoco che la spezza, avviene la notte tra il 7 e l’8 marzo 1944.Suo padre, David, antifascista, privo della tessera di partito e con un nome di matrice ebraica, ma senza alcun fondamento di realtà, viene inserito dal gerarca di Montelupo Fiorentino nella lista degli arrestati.
Nei giorni precedenti, il 3 e 4 marzo, il CNL – Comitato di Liberazione Nazionale - aveva indetto uno sciopero nazionale che aveva condotto il Partito Fascista al compimento dei rastrellamenti di tutti quanti vicini al possibile coinvolgimento.
Proprio quella notte alla porta di casa Castellani si presenta la polizia fascista. David è malato, Carlo apre e si offre di andare in caserma al suo posto, lasciando riposare il padre. Sarà l’ultimo sguardo verso la propria casa.
Carlo è ignaro del proprio destino, così come lo sono gli altri. Viene condotto a Firenze, insieme ad altri malcapitati, per essere condotto al binario 6 della stazione di Santa Maria Novella.
Sarà l’ultimo viaggio, quello verso la morte e il campo di concentramento austriaco di Mauthausen. Viene portato a Gusan, un sottocampo del summenzionato luogo, dove viene sottoposto all’enorme e disumano carico di lavoro.
Il suo arriva si attesta all’11 marzo. Viene segnalato come “Schutz”, detenuto politico, e contrassegnato con la matricola 57026.
L’eco dei campi da calcio della Toscano è quanto mai lontano. Carlo è costretto a trasportare sacchi di pietre lungo una lunga scala, denominata anche “Scala della Morte”, combattendo contro ingenti carichi di lavoro e la violenza delle SS.
Il triste epilogo avviene l’11 agosto 1944, pochi mesi dopo il suo arrivo. Debilitato, Carlo muore di dissenteria, tra le sofferenze e l’aver penato, come confessato al suo compagno Aldo Rovai, sopravvissuto al campo, “più di Cristo in croce”.
(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)